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Uttùviru 2014

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SCRITTURA

24 marzo 2021

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Orazione nel Getsemani.

I riti della Settimana Santa di Barcellona Pozzo di Gotto (Sumana Santa in siciliano) sono un ciclo di eventi religiosi popolari tipici. Manifestazione inserita nel registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana dal 20 ottobre del 2008.[1][2]

1621 - 2020

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  • 400º Anniversario della prima rievocazione effettuata a Pozzo di Gotto. Causa emergenza COVID 19 l'evento non è stato celebrato.

2020 e 2021

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Causa emergenza COVID 19 i riti penitenziali e processionali sono stati annullati. Nel 2021 nel rispetto delle restrizioni, gruppi di visillanti hanno riproposto i canti della tradizione in determinati luoghi di culto con diffusione delle riprese attraverso i canali social più diffusi.

Cristo alla Colonna, Barcellona.
Ultima Cena, Pozzo di Gotto.
Spoliazione di Cristo, Pozzo di Gotto.
Incontro con le Pie Donne, Pozzo di Gotto.
Getsemani, Pozzo di Gotto.
Trasporto al sepolcro, Barcellona.
Trasporto al Sepolcro, Barcellona.
Pietà, Barcellona.

Origine e diffusione dell Cristianesimo. Nel 306 l'imperatore Costantino I, autore con Licinio dell'Editto di Milano, e la madre Flavia Giulia Elena, nota come "Sant'Elena Imperatrice", contribuiscono alla diffusione del Cristianesimo in occidente. Dopo il declino di Roma, è Mediolanum la capitale imperiale dell'Impero romano d'Occidente, città governata da Massimiano, in seguito da Teodosio I, prima del trasferimento della capitale a Ravenna.

Nel 380 Teodosio I è il sostenitore e il promulgatore, assieme agli altri due Cesari Augusti Graziano e Valentiniano II, dell'editto di Tessalonica, con il quale il credo niceno diviene la religione unica e obbligatoria dell'Impero.[3] L'imperatore professa il credo niceno in contrapposizione all'arianesimo, convoca nel 381 il primo concilio di Costantinopoli per condannare le eresie che si oppongono ai principi del Concilio di Nicea. Tra il 391 e il 392 sono emanati i decreti teodosiani che attuano in pieno l'editto di Tessalonica. Nel contesto s'inserisce la figura di sant'Ambrogio, vescovo di Milano, precettore di imperatori, spesso in contrasto con gli eccessi punitivi attuati da Teodosio I.

Epoca romana

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Sulla scia di Costantino I e della madre Elena si inseriscono i primi pellegrinaggi presso il Santo Sepolcro in Terra Santa. Proprio la figura materna dell'imperatore è la promotrice del trasferimento a Roma di numerose reliquie. Di molte di esse l'autenticità non è provata quindi, non è certa. La tradizione vuole portate da Elena dalla Palestina nel 326 le reliquie attribuite a Gesù: oltre alla croce, la croce di uno dei due ladroni, la spugna imbevuta d'aceto, parte della corona di spine, un chiodo, il titulus crucis, reperti custoditi nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma. Questo luogo di culto è edificato sull'area del palatium Sessorianum appartenuto ad Elena, relativamente vicino alla Scala Santa, altro insieme di vestigia proveniente da Gerusalemme, legato alla figura di Gesù Cristo e alla sua Passione. Il sentimento popolare, la fede individuale, il moto interiore forgiato dagli insegnamenti cristiani permettono tuttavia ad ogni credente d'accostarsi a tali simboli con la convinzione e lo spirito tipici della venerazione verso le autentiche reliquie.

Il possesso di molte reliquie cristiane, oltre al carattere di prestigio e grandezza politica, permetteva a moltitudini di cristiani d'accostarsi personalmente e fattivamente a luoghi e agli oggetti legati alla Passione, facendo assurgere Roma quale centro della Cristianità nel mondo.

Epoca normanna

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Implicazioni. Gli Altavilla per la riconquista dell'isola, sostengono e potenziano le esistenti istituzioni religiose costituite in prevalenza da numerose cellule caratterizzate da monachesimo primitivo derivante da evangelizzazione e da persecuzione. Gli accordi tra Papa Urbano II e Ruggero I d'Altavilla prevedono la restituzione delle chiese, il reinsediamento dei vescovi, l'eventuale ripristino delle diocesi cancellate in Sicilia, la ricostruzione delle cattedrali e il passaggio del rito liturgico dalla lingua greca - imposta dopo il 1038 da Giorgio Maniace, generale bizantino inviato in Sicilia dall'imperatore Michele IV il Paflagone - alla lingua latina. Il contestuale depauperamento della lingua greca, il rilassamento e la contaminazione del rigore, fondamento dell'ordine basiliano, rendono necessario l'apporto di comunità esterne animate da nuovo vigore religioso e di vitale impulso per la ricostruzione del tessuto sociale dopo due secoli di cultura musulmana. Con particolare riguardo, spesso sfociante in predilezione, approvazione o beneplacito da parte del sovrano, quindi ben accetti e talvolta favoriti agli occhi dell'Imperatore, giungono in Sicilia e si stabiliscono inizialmente a Palermo e Messina, i primi ordini monastici d'oltralpe.

Tuttavia, per garantire la tutela, la difesa del Santo Sepolcro e lo svolgimento dei numerosi pellegrinaggi in Terra Santa, negli anni antecedenti la prima crociata indetta nel 1095, nacque l'esigenza di una rete di supporto costituita da itinerari (Vie Francigene altrimenti dette Vie dei Pellegrini) con chiese, conventi, monasteri sempre supportati da strutture ricettive e ospedaliere. Due sono le principali direttrici di traffico che consentono di raggiungere Gerusalemme: la prima prevede il percorso dell'intera penisola italiana con ultimo baluardo la Sicilia prima della traversata del bacino del Mediterraneo, la seconda consiste nei lunghi itinerari balcanici attraverso Grecia e Turchia costeggiando infine il versante mediterraneo del vicino Oriente.

La tratta da Palermo ad Agrigento, denominata Magna Via Francigena, costituisce la direttrice più importante attraverso l'isola.

In Sicilia:

A quest'ultimo ordine è affidata la custodia del Santo Sepolcro. Con la recrudescenza dei rapporti e l'intensificare dei conflitti cristiano - musulmani, costringono l'abbandono parziale dei luoghi santi da parte delle organizzazioni religiose - militari che stanziano temporaneamente i loro quartieri generali nelle rispettive succursali di Messina, Cipro, Rodi, Malta, Sicilia e Italia meridionale, così come avviene per l'Ordine di Malta. Personale, quadri, opere d'arte, intere biblioteche, archivi sono trasferiti nelle strutture di supporto e con essi l'intera tradizione, la cui perpetuazione nei luoghi sacri è affidata nelle mani di un ristretto numero di seguaci di Francesco d'Assisi.

Epoca sveva

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Canestri Pasquali del Giovedì Santo.
Ultima Cena, vare di Pozzo di Gotto.
Il Trasporto al Sepolcro di Barcellona.
Il trasporto di Cristo al sepolcro di Antonio Ciseri.
Dettaglio della Caduta, Chiesa dei Cappuccini.
Ecce Homo, Chiesa dell'Immacolata di Barcellona.
Andata al Calvario, Polidoro da Caravaggio, Museo nazionale di Capodimonte, Napoli.
Trasporto di Cristo al Sepolcro, Polidoro da Caravaggio, Museo nazionale di Capodimonte, Napoli.
La Deposizione di Barcellona.
Pannello centrale del Trittico di Pieter Paul Rubens.
La Caduta e la Veronica, vare di Barcellona.
L'Addolorata, vara di Barcellona.

I pròdromi dei riti. In Sicilia, dopo l'anno 1072, il ritorno alla sovranità di matrice cristiana e cattolica avviene con l'avvento dei normanni grazie al contributo congiunto dei cattolicissimi, quanto guerrieri Gran Conte Ruggero e di Roberto il Guiscardo. Con l'insediamento di numerosi ordini religiosi si creano e diffondono capillarmente le opere ispirate dagli insegnamenti evangelici e permeate dal pensiero filosofico dei dottori della Chiesa.

Come la rappresentazione della Natività riconducibile all'opera di San Francesco d'Assisi col primo presepe vivente di Greccio, anche le rievocazioni pasquali sono attribuibili al Poverello di Assisi e alla tradizione francescana. In pieno clima di campagne militari delle Crociate per la riconquista del Santo Sepolcro e di tutti i luoghi legati alla Vita e alla Passione di Gesù, quando la vera Via Crucis comportava la necessità di visitare personalmente i territori della Terra Santa.

L'incontro tra Francesco e l'illuminato sultano al-Malik al-Kamil, nipote di Saladino a Damietta durante il controverso contesto della quinta Crociata bandita dal Concilio Lateranense, sfocia in una sentita e duratura amicizia ma, l'esito del conflitto è disastroso per la baldanzosa armata cristiana. Benché la custodia di Terra Santa sia assegnata all'Ordine dei frati minori, per alterne vicende seguiranno altre quattro Crociate e numerose dispute minori che caratterizzano il basso Medioevo. Pertanto, secoli di guerre, un lungo travagliato e pericoloso viaggio, dettano la necessità di creare rappresentazioni per portare idealmente ciascun credente a Gerusalemme coinvolgendolo spiritualmente dal punto di vista religioso.

I Francescani s'insediano nelle principali città di Sicilia con l'istituzione di numerosi sedi costituite da conventi e chiese dedicate a Template:Chiarire nei centri di Agrigento, Catania, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani e in molte altre località minori rette dall'Ordine dei frati minori osservanti. Ad esse quasi sempre si accompagnano numerosi altri luoghi di culto dedicati espressamente a San Francesco d'Assisi sotto il titolo dell'Immacolata Concezione dell'Ordine dei frati minori cappuccini.

Nella penisola:

Casazza. Casazza: peggiorativo di casa, casaccia, informis domus. Casazza vale anche per: rappresentazione delli misterj della passione di Nostro Signore Gesù Cristo, latino Passionis Domini Nostri Jesu Christi tragædia. Così detta dalla gran casa dove si radunavano i personaggi, e si componeva la processione. Casazza (latino):

«per synecdochen celebris illa processio, in qua insigniora, Patriarcarum, Ducum, Regum, Prophetarum & c. Sacra Scriptura petita gesta in publicum per personatos homises prodeunt. Quod puto dictum a prægandi domo quam dicimus casa, ubi priusquam exeant congregantur».[10]

Anche in Sicilia compaiono le «casazze», verosimilmente d'origini lombardo - padane, importate grazie agli eserciti e popolazioni giunti al seguito di Ruggero I di Sicilia o come conseguenza degli intensi scambi commerciali del Tirreno e in generale del Mediterraneo di cui la Sicilia costituiva il fulcro naturale, al punto che nel 1361 la Compagnia dei Disciplinanti di San Luca di Burgio aveva regole e uffici identici ai corrispettivi sodalizi di Genova e Firenze.[11][12]

  • Più tardi la terminologia «casazza» è presente a Catania, Palermo e in tutte le città portuali dell'isola che intrattengono relazioni commerciali col capoluogo ligure. Anche nelle zone interne (Caltanissetta) si diffondono i riti al punto di registrare il più alto numero di accoliti o seguaci o confratelli " .....sino a milleduecento nella casazza di Nicosia".[13][14] La casazza di Nicosia è considerata fra le più antiche e anche la più prolifica con riferimento alle rappresentazioni messe in atto, in relazione al numero di partecipanti e alle scene recitate.[12][15][16]
  • Per «casazza» è inizialmente indicato il luogo ove si riunivano i flagellanti in preghiera e praticare i loro riti penitenziali. In Sicilia nel XIV secolo il termine casazza si estende anche a tutte le attività ovvero tutte le processioni della «Settimana Maggiore» o Settimana Santa. Più tardi con la nascita del teatro liturgico, il termine casazza è adottato anche per questo genere di rappresentazioni sacre.[17]
  • Per l'intensa attività scenica sono note le casazze di Balestrate, Carini, Castelbuono, Erice (1742), Ficarazzi (1876), Isnello, Gangi, Gratteri, Mussomeli, Partinico (1787), Salemi (1845).[18] La casazza di Collesano si caratterizzava per la rappresentazione di una complessa scenografia costituita da ben 33 quadri mobili, ciascuno dei quali racconta, attraverso figuranti in costume, un episodio della vita di Gesù Cristo. Nello specifico prende spunto dal dramma sacro di Filippo Orioles: Il riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo. Altra rappresentazione o casazza assimilabile è la «Cercha» che si svolge annualmente il Venerdì Santo sin dal 1667.

Dopo le casazze e le processioni di personaggi viventi, caratterizzate da notevoli sforzi organizzativi e consistenti impegni economici, le rappresentazioni sono effettuate con l'utilizzo di statue mobili e immobili, scenografie semoventi determinando la genesi della Passio Christi figurata.[19] Oltre ai costi e l'impiego massiccio di figuranti contribuì notevolmente alla loro drastica riduzione i contagi e le epidemie di peste, decisiva quella nota come peste di Messina del 1743. Tuttavia, le rappresentazioni di alcune casazze sopravvissero fino ai primi decenni del XIX secolo.

Epoca aragonese

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Durante la precedente dominazione aragonese, le tradizioni siciliane si rifanno verosimilmente alle costumanze della Hermandad de la Sangre de Cristo[20] (istituita presso convento francescano dell'Ordine della Penitenza di Gesù nel 1280) e alla Cofradía de Nuestra Señora de la Piedad y del Santo Sepulcro o Antiquísima Cofradía del Santo Sepulcro de Nuestro Señor[21] (istituita presso il Reale monastero della Resurrezione al tempo delle Crociate), rispettivamente prima fratellanza e confraternita costituitesi a Saragozza, entrambe radicate nel XIII secolo.

Il ritrovamento nella Biblioteca Comunale di Palermo all'inizio del XX secolo di un dramma sacro scritto in lingua siciliana tra 1414 e il 1434, retrodata in epoca aragonese le fonti delle prime rievocazioni in Sicilia.

In particolare, nel 1513, Diego Herrera da Saragozza è nominato abate dell'abbazia basiliana di Santa Maria di Gala. Dottore in diritto civile e canonico, in seguito alla rinuncia del predecessore, già eletto nel 1510 Cappellano Maggiore e abate di Santa Lucia del Mela, 29° prelato della cattedrale di Santa Maria Assunta.

Epoca spagnola

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La Passione di Cristo nelle arti

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Pittura e La Passione di Cristo
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La narrazione della Passione di Cristo contenuta nei vangeli canonici: Matteo Template:Passo biblico, Marco Template:Passo biblico, Luca Template:Passo biblico, Giovanni Template:Passo biblico, ispirano la trascrizione di brani e canti orali. Da Venanzio Fortunato a San Francesco d'Assisi, dal pensiero di Sant'Ignazio di Loyola a quello di San Tommaso d'Aquino, dalle riflessioni e meditazioni Sant'Alfonso Maria de' Liguori alle monumentali composizioni musicali e pittoriche. Attraverso opere come lo Stabat Mater Dolorosa, Anima Christi, il Miserere di Gregorio Allegri si perviene alle numerose opere locali che contribuiscono alla divulgazione del Mistero della Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.

Le arti figurative e la letteratura religiosa si ispirano vicendevolmente circa gli avvenimenti legati alla rocambolesca consegna dello Spasimo di Sicilia di Raffaello Sanzio al monastero olivetano di Santa Maria dello Spasimo (da cui il nome dell'opera) di Palermo avvenuta nel 1517. Con l'arrivo del capolavoro s'innesca una reazione fra i più talentuosi artisti della penisola operanti in Sicilia e parimenti aumentano le commissioni coi maestri oltre Stretto. Il soggetto e lo stile condizionano positivamente e in modo prolifico l'estro di incisori, scultori, esecutori d'affreschi e di dipinti quali Luca Cambiaso, Antonio Catalano il Vecchio, Antonello Crescenzio, Albrecht Dürer, Giovanni Paolo Fondulli,[23] Antonello Gagini, Deodato Guinaccia, Giuseppe Salerno, Giuseppe Sirena, Francesco Militello, Mario Minniti, Nicolò Mirabella, Filippo Paladini, Joseph Tomasi, Marco la Vecchia, Agostino Veneziano, Jacopo Vignerio che inondano le chiese di Sicilia di riproduzioni che a loro volta, per effetto moltiplicatore di maestri dello spessore di Marcantonio Raimondi, Domenico Cunego, Caledonio Nicolas, David Teniers il Vecchio e «il Giovane», Fernando Selma, Paolo Toschi, sono fonte d'ispirazione di ulteriori capolavori nel resto della penisola, in Europa e, in epoche successive, nelle Americhe.

In particolare lo «Spasimo» o «Andata al Calvario» di Polidoro da Caravaggio, allievo e stretto collaboratore del genio di Urbino, commissionato per la chiesa della Santissima Annunziata dei Catalani di Castellammare[24] nel 1534, oggi al Museo nazionale di Capodimonte di Napoli, costituisce una versione «processionale» dell'opera raffaellesca, celebrata a Messina con i versi de "Il Spasimo di Maria Vergine" del sacerdote Nicola Giacomo di Alibrando. Entrambe le opere tendono ad esaltare i nascenti aspetti devozionali della Passione di Gesù nella città peloritana estendendone, attraverso le numerose copie pittoriche "personalizzate", la conoscenza oltre i confini dei capoluoghi Messina e Palermo fin nelle città di Caccamo, Caltanissetta, Castelvetrano, Catania, Collesano, Polizzi Generosa, Trapani.

Letteratura e La Passione di Cristo
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Il benedettino Teofilo Folengo nel 1538 è invitato in Sicilia governata dal concittadino mantovano Ferrante I Gonzaga viceré di Sicilia al tempo di Carlo V di Sicilia. Destinato inizialmente presso la primitiva chiesa di Santa Maria dell'Itria detta «La Pinta», in seguito al complesso abbaziale di San Martino delle Scale della Congregazione cassinese, compone la sacra rappresentazione l'"Atto della Pinta".[25][26] Il tema è più volte messo in scena, tratta la storia della redenzione dai tempi di Adamo fino a Cristo, opera in corretto latino liturgico, primo esempio in Italia di rappresentazione sacramentale sull'esempio spagnolo.[27]

Come priore a Borgetto dirige fino al 1542 i monasteri benedettini di Santa Maria delle Ciambre e della Madonna del Santissimo Romitello. Dopo "L'umanità del Figliuolo di Dio" e altre opere sacre inedite, il successo, il consenso e la percezione della storia sacra come rappresentazione in palcoscenico di eventi mirabili nella loro semplicità e nel coinvolgente ritmo dell'alternarsi delle vicende bibliche, portano l'autore alla composizione dell'"Hagiomachia", una raccolta di 18 vite di martiri in esametri latini e della "Palermitana", poema sacro in terzine. Fino agli inizi del XX secolo il componimento "Atto della Pintà" di Teofilo Folengo, è ritenuto la più antica composizione drammatico - religiosa mai scritta e rappresentata in ambito liturgico in Sicilia.

A Catania un altro mantovano Benedetto Fontanini tra il 1537 e il 1539 compone il trattato spirituale dal titolo il "Beneficio di Cristo".

Statuaria e La Passione di Cristo
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In Spagna:

Nel 1506 Giovanna di Castiglia come conseguenza della morte improvvisa del marito Filippo I di Castiglia, in segno di lutto adotta e impone la processione dell'"Entierro" o "Sepolcro di Cristo" durante i riti processionali della Settimana Santa in Spagna e nelle rievocazioni delle maggiori città dei territori dell'Impero asburgico, penisola italiana e Sicilia comprese.
L'imperatore Carlo V d'Asburgo commissiona l'esecuzione e l'esposizione di tre dipinti e simulacri per spiegare i sette dolori al popolo analfabeta, nella Cappella della Mater Dolorosa della "chiesa di Sant'Egidio Abate" di Burgos durante i riti pasquali. Il luogo di culto è sede dell'antica "Confraternita Reale del Sangue di Cristo di Burgos e della Madonna Addolorata" ("Real Hermandad de la Sangre de Cristo de Burgos y de Nuestra Señora de los Dolores").[28]

Dai Venerdì di Marzo ai primi riti in Sicilia

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Le processioni che si svolgevano durante i venerdì di Quaresima, i cosiddetti venerdì di marzo, ebbero luogo in seguito all'emanazione, il 6 agosto 1573, della Bolla pontificia Pastoris aeterni da parte di Papa Gregorio XIII, che concedeva speciali indulgenze ai membri delle confraternite che le avessero organizzate. Durante il loro svolgimento i confratelli seguivano uno stendardo abbrunato, mentre i frati sfilavano dietro un crocifisso. Era presente l'accompagnamento musicale e condotta in processione la statua della Madonna, nella fattispecie l'Addolorata. L'indulgenza plenaria si conseguiva percorrendo determinati itinerari, includendo la visita di basiliche, cattedrali e chiese, osservando specifici comportamenti.

  • 1589, Invenzione di San Placido e compagni, evento legato al ritrovamento del primitivo sacello dei martiri presso la chiesa di San Giovanni di Malta di Messina.[30] In questa occasione è realizzata una rappresentazione itinerante dove figuranti su apposite scenografie rievocavano episodi legati alla vita di San Placido. Sull'impronta delle rievocazioni processionali delle vicende di Gordiano e Donato, compagni di Placido, è verosimile pensare alla realizzazione di una e vera propria Via Crucis cittadina costituita da gruppi statuari addobbati allo scopo.

Lentamente si delineano e configurano i riti processionali con gruppi figurati nelle più importanti cittadine dell'isola:

1505 Catania Presso la cattedrale di Sant'Agata si tenevano «rapresentationj djla Passionj dominica in la quatragesima», sfociate in seguito nella processione dei battenti nel 1594, infine nella processione dei misteri nel 1642.[31]
1591 Palermo Nella Capitale del Regno si ha memoria di un rito celebrato dalla Reale Confraternita della Madonna de la Soledad della chiesa di San Demetrio insediata nella Cappella di Nostra Signora della Soledad, derivato in tre diverse processioni organizzate dalle casazze o casazas di derivazione spagnola.[32]
1610 Messina Processione delle Barette
1612 Trapani Processione dei Misteri
1621 Pozzo di Gotto Processione delle Varette
1780 Caltanissetta Processione delle Vare
? Enna Processione dei Misteri
? Castroreale Processione delle Varette

Per cronologia, analogia, territorialità, emulazione, contaminazione di usi e costumi, al novero della seconda tipologia, inserita nel contesto isolano soggetto alla dominazione aragonese - spagnola rispettivamente sotto la Corona d'Aragona e Corona di Spagna, appartengono i riti della Settimana Santa di Barcellona Pozzo di Gotto.

Contesto spagnolo in Sicilia e nel comprensorio

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Spasimo di Sicilia di Jacopo Vignerio, Chiesa di San Francesco all'Immacolata Catania.

Le cronotassi dei prelati delle diocesi isolane, dei viceré di Sicilia, gli alberi genealogici delle più potenti famiglie iberiche insediatesi in Sicilia sin dall'epoca normanna, aiutano a comprendere il contesto in cui sono maturati e diffusi i riti. L'elenco allegato è limitato a poco più di un ventennio e riguarda il periodo amministrativo. È ristretto solo alla giurisdizione ecclesiastica della provincia e contempla pochi rappresentanti e ambasciatori siciliani a vario titolo operanti in terra di Spagna.

Amministrazione del regno di Sicilia:

Limitatamente alle odierne diocesi di Messina e Patti, sul piano religioso i riti sono influenzati da costumanze introdotte da arcivescovi spagnoli rappresentanti la Santa Sede in Sicilia e prelati siciliani che hanno ricoperto incarichi in terra iberica:

Tra le donne, quale ambasciatrice in terra iberica della cultura, delle arti e delle tradizioni siciliane, la pittrice Sofonisba Anguissola.

Origini cittadine

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"La Caduta del Cristo" di Pozzo di Gotto, chiesa dei Cappuccini.
Lo "Spasimo di Sicilia" di Raffaello Sanzio.
"Spasimo" custodito nella chiesa di Santa Marina di Castroreale.

I riti della Sumana Santa o Santa Sumana trovano fondamento nella storia della Sicilia spagnola 1516 - 1713 quando l'intera isola soggetta alla dominazione della Corona d'Aragona, unita al Regno di Napoli passa sotto la giurisdizione della Corona di Spagna, note in tempi successivi come dominazioni aragonese e spagnola.

Nel 1571 i Pozzogottesi ottengono dalla Gran Corte Arcivescovile di Messina l'autorizzazione ad eleggere il loro Cappellano di stanza a San Vito senza più dipendere dall'Arcipretura di Milazzo. La prima processione è effettuata nel 1621 come moto di protesta verso i Giurati della città di Milazzo, alla cui giurisdizione Pozzo di Gotto dipendeva politicamente e fisicamente costituendone una lontana frazione, come voto e promessa per rompere il legame di subordinazione, vincolo che sarà definitivamente interrotto il 22 maggio 1639.

Inizialmente è portato in processione il "Catafalco col Cristo Morto", in seguito sono 5 i simulacri che raffigurano alcuni Misteri rispettivamente: l'"Orazione nell'Orto di Getsemani", il "Signore alla colonna", la "Caduta", il "Signore con la Croce", l'"Urna". Successivamente è aggiunto il simulacro dell'"Addolorata" e in seguito altre scene rappresentative delle Stazioni della Via Crucis fino a raggiungere il numero attuale.

Una prima sospensione della Sacra Rappresentazione avviene a causa di un evento sismico, conosciuto come il terremoto della Calabria meridionale del 1783,[36][37] in seguito al quale i gruppi statuari subiscono notevoli danneggiamenti. [9] L'interruzione si prolunga fino al 1800, nel 1801 è organizzata un'analoga processione nel nucleo di Barcellona sebbene, fossero già praticati riti penitenziali accorpando la processione della Croce, tipica proprio del Venerdì Santo, con il rito processionale della Mater Dolorosa istituito nel 1754, verosimilmente improntati ai riti processionali tipici dei venerdì di marzo contemplati dalla bolla gregoriana.

La frazione a occidente del Longano a sua volta dipendente dalla giurisdizione di Castroreale, ha già seguito l'esempio della vicina comunità ribellandosi ai Giurati castrensi, facendo riconoscere in campo ecclesiale la propria indipendenza. L'autonomia del casale di Barcellona è deliberata dal Parlamento Siciliano, riconosciuta dal Re il 15 maggio 1815 e ratificata in Vienna il 28 febbraio 1823 da Re Ferdinando I delle Due Sicilie (nel particolare contesto storico i sovrani concedono autonomia a molti centri dell'isola, provvedimenti deliberati per ingraziarsi il benvolere delle popolazioni locali, motivati dalla loro presenza forzata a Palermo causa le mire espansionistiche di Napoleone Bonaparte). L'unione amministrativa decretata il 5 gennaio 1835 entra in vigore il 1º giugno 1836 per volere di re Ferdinando II delle Due Sicilie, decidendo che il nuovo comune formato dalla fusione delle due antiche contrade, porti il nome completo di Barcellona Pozzo di Gotto.

Barcellona Pozzo di Gotto continua a possedere due arcipreture e vanta, in occasione del Venerdì Santo, due distinte processioni, percorsi e cortei.

Durante la Guerra di Crimea nel 1854 scoppia in Europa una violenta epidemia di colera che ben presto supera i confini delle Alpi, dilaga e sconvolge tutto l'arco della penisola ma, è pure vero che due navi inglesi provenienti dall'India contagiano l'intero Nord Europa, la pandemia raggiunge tassi altissimi di mortalità nelle province di Messina e Palermo. Anche in quest'occasione non sono effettuate le celebrazioni per il timore di contagi dovuti a numerosi focolai d'infezione.

XX e XXI secolo

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Nei primi decenni del XX secolo entrambi i cortei sconfinavano nel territorio soggetto alla giurisdizione dell'arcipretura adiacente. Dal 1968 avviene l'incontro delle due processioni sulla copertura del torrente Longano, artefice Don Rodolfo Di Mauro, direttore dell'Oratorio Salesiano di Barcellona dal 1961 al 1968. I due distinti sfilamenti percorrono in senso inverso le corsie dell'itinerario comune, ovvero la porzione di percorso compreso tra il Palazzo di Città e l'Oratorio dei Salesiani. Durante la fase d'incontro è effettuata la stazione di penitenza comune.

Dell'influenza spagnola restano le chiare impronte persino nella definizione etimologica: dalla spagnola "Semana Santa" alla locale "Sumana Santa". Non i fasti barocchi della Settimana Santa di Siviglia o di Malaga o di Cordova o di Granada, non gli incessanti cortei processionali sempre di chiara matrice iberica di Trapani o Enna o Caltanissetta ma, una delle più suggestive e per numero di simulacri, sicuramente la più ricca e variegata.

Il calendario e gli eventi

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Gesù incontra sua madre dettaglio.
Altare della Reposizione della Chiesa di San Giovanni Battista, Pasqua 2014.
Date del Venerdì Santo, 2021-2024
Anno giorno - mese
2021 04 aprile
2022 17 aprile
2023 09 aprile
2024 31 marzo
"María Santísima del Rocío" - "La Novia de Málaga", veduta aerea. Settimana Santa di Malaga. Esempio di Trono condotto in spalla, struttura in alluminio, 8 assi, 16 estremità, oltre 250 fra portatori e capisquadra.

In manifestazioni similari resta ancora in uso il cataletto o catafalco col Cristo Morto, spesso velato coi colori del lutto. Nelle rappresentazioni locali dei riti della Settimana Santa, in entrambe le processioni il catafalco è sostituito con urne o bare di legno e cristallo, da cui derivano gli etimi "bara" e "baretta".

I termini vara, "varetta" e "varare" sono derivati dal latino e dallo spagnolo che significa condurre, trasportare con aste o assi, favorendo le soste per mezzo dell'uso di cavalletti, l'equivalente di: "mostrare pubblicamente con ufficialità".

In Andalusia il termine «varales» è presente come etimo nelle espressioni locali sivigliane, malacitane, granadine, cordovesi e nella provincia valenciana con medesimo significato.

  • «Varal», plurale «varales»[38] altrimenti «vara», plurale «varas» equivalente in italiano di palo, plurale pali, vedi anche barra, asse, stanga, putrella. In un carro o lettiga o baldacchino l'etimo indica per l'appunto i pali o le robuste assi di sezione tonda o quadrangolare con gli spigoli smussati, che servono per condurre a spalla le immagini sacre. Il termine è parimenti utilizzato per indicare tanto i sostegni che reggono la parte superiore di un baldacchino quanto per le assi (2, 3, 4, 7 o 8 pali corrispondenti a 4, 6, 8, 14 in rari casi anche 16 estremità) necessarie per processionare sulle spalle dei portatori rispettivamente le "vare" o "pasos" o "troni"[39], queste ultime due voci indicanti le tipiche strutture iberiche caratteristiche dei riti processionali pasquali.

Nelle «vare» di Barcellona Pozzo di Gotto le assi sono solo 2 che, opportunamente calibrate per lunghezza e serrate per mezzo dell'utilizzo di cunei necessari per l'incastro negli appositi alloggiamenti, permettono dalla parte anteriore e posteriore del carro munito di ruote, quattro differenti estremità per il traino e il direzionamento dei simulacri.

Il trasporto e le soste lungo il percorso processionale hanno seguito l'evoluzione dei tempi: il trasporto a spalla effettuato dai portatori e i cavalletti sono stati sostituiti con più comodi carri su ruote gommate, i quali, hanno mantenuto solo le lunghe aste per il direzionamento e trascinamento dei gruppi statuari.

In entrambi i riti processionali della Passio Christi figurata si spazia dai personaggi singoli alle scene tratte dalle Stazioni della Via Crucis spesso ispirate a capolavori dell'arte della pittura e della scultura, dagli elementi statici a quelli amovibili, dalle opere fisse ai manichini dai panneggi intercambiabili e rinnovabili, dalle statue lignee del XVIII secolo ai gruppi compositi e integrati del XX secolo, a seconda delle migliorie apportate nei decenni dettate dai tempi, dagli stili e dalle correnti del momento.

Ordine e nome delle Vare

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Comandante Giudei di Barcellona.
Comandante Giudei di Pozzo di Gotto.
Manipolo Giudei alla partenza.
Drappello Giudei Pozzo di Gotto.
Drappello Giudei Pozzo di Gotto.
Ordine delle Vare Barcellona Template:Simbolo Pozzo di Gotto Template:Simbolo
L'Ultima Cena  Cena
(bottai, agrumai e spiritari)
 Cena
(associazione giovanile la ciurma)
L'Orto di Getsemani Û Signuri all'Ortu
(carpentieri e carrettai)
Û Signuri all'Ortu
(villici e sodalizi cattolici)
Il Pretorio di Pilato Û Pritoriu di Pilatu senza cornice
La Flagellazione Û Signuri â Colonna
(fabbri)
senza cornice Û Signuri â Colonna senza cornice
Ecce Homo L'Accia Omu
(Confraternita dell'Immacolata)
senza cornice L'Accia Omu
(Confraternita di Sant'Eusenzio)
senza cornice
Il Cristo con la Croce Û Signuri câ Cruci
(broccai e vasai)
senza cornice Û Signuri câ Cruci senza cornice
L'Incontro Û 'Ncontru
(circoli ricreativi)
La Caduta Û Signuri â cascata
(sarti e bottegai)
Û Signuri â cascata
Gesù spogliato delle Vesti Û Signuri spugghiatu dî Giudei
La Crocefissione Û Crucifissu
(Confraternita del S.S. Crocifisso, falegnami)
Û Crucifissu
(Confraternita del S.S. Sacramento)
La Deposizione  Scesa o Deposizzioni dâ Cruci
(appaltatori edili)
La Pietà Â Pietà (pescivendoli) Â Pietà
Il Trasporto al Sepolcro Û Signuri puttatu 'ntô Sapuccru (macellai)
I Simboli della Passione I Simbuli dâ Passioni
Urna con Cristo Morto Û Signuri Mottu
(Confraternita di S.S. Giovanni Battista)
Û Signuri Mottu
L'Addolorata  'Ddulurata
(Confraternita di S.S. Giovanni Battista)
 'Ddulurata
(Confraternita delle Anime del Purgatorio)

Processioni delle Vare

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Vare di Pozzo di Gotto

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Il sacerdote Filippo Lanza e il pittore sacerdote Antonino Vescosi sono rispettivamente il promotore e il collaboratore per la realizzazione di alcune delle opere attorno alle quali ruotano i riti divozionali maturati e sfociati nelle odierne manifestazioni della Sumana Santa. In origine, assieme al Catafalco col Cristo Morto erano cinque i simulacri a sfilare, rispettivamente: l'Orazione nell'Orto di Getsemani, il Signore alla colonna, la Caduta, il Signore con la Croce, l'Urna. I manufatti sono descritti nella raccolta di "costumanze e pratiche liturgiche" registrata nel 1860 dall'arciprete monsignor Giuseppe De Luca e custodita nell'archivio parrocchiale della chiesa di Santa Maria di Pozzo di Gotto. Il sacerdote Antonino Vescosi è figlio di Filippo Vescosi, famiglia originaria di Sambuca di Sicilia, entrambi artisti attivi dal 1744c. al 1824c. nei centri di Basicò, Gualtieri Sicaminò, Messina, Novara di Sicilia, Patti, Saponara e in città con dipinti nel duomo di Santa Maria Assunta di Pozzo di Gotto e affreschi nella chiesa di San Vito. Il religioso artista realizza i primi gruppi statuari dei cortei processionali del Venerdì Santo di Pozzo di Gotto.

Immagine Denominazione vara Note
senza cornice Ultima Cena Vara riproducente l'Ultima Cena o Cenacolo, realizzata con tredici manichini abbigliati, raffiguranti Gesù e gli Apostoli. La scenografia della composizione richiama alla mente l'ambientazione e la disposizione dei personaggi raffigurata nel Cenacolo di Leonardo, spesso l'intera prospettiva addobbata con richiami dell'epoca, ricalca nel complesso l'opera del genio di Vinci. Il personaggio di Giuda è riconoscibile per il volto corrucciato e dalla sacca di denari pendente al suo fianco, ogni commensale è individuabile in base agli elementi desumibili dall'iconografia classica. Sulla mensa apparecchiata fanno bella mostra le primizie ortofrutticole, le ciambelle con le uova e l'agnello pasquale elemento premonitore dell'imminente supremo sacrificio. La vara è patrocinata dalle corporazioni dei carpentieri e falegnami.
senza cornice Orazione nell'Orto
degli Ulivi
o Getsemani
Gruppo di manichini abbigliati raffiguranti Gesù orante, l'angelo recante il calice e tre Apostoli dormienti (Pietro, Giacomo e Giovanni), la scena rappresenta l'Orazione presso il Monte degli Ulivi di Getsemani. La vara è patrocinata dalle corporazioni dei villici e sodalizi cattolici.
senza cornice
senza cornice
Flagellazione
alla Colonna
Gruppo scultoreo di due personaggi raffigurante la Flagellazione di Gesù.La figura del Cristo, statua lignea amovibile d'antica realizzazione, al di fuori dei riti pasquali è custodita nell'Oratorio delle Anime Purganti presso la chiesa di San Vito. Durante i riti processionali la statua indossa una preziosa cintola ricamata con fili d'oro e trapunta di gemme, tra i decori è presente la riproduzione del Mandylion, altrimenti nota come l'immagine acheropita del Volto di Cristo ottenuta dall'intervento della Veronica durante una caduta della Salita al Calvario. L'impronta è assomigliante a quella post mortem della Sacra Sindone.
senza cornice
senza cornice
Sezione Vara «Ecce Homo»
1 Testa
Croce guida
2
Fedeli. Confrati e accòliti con funzioni di portatori di candele, torcìferi e mazzieri
3 Retrovie Confrati, accòliti, portatori di vara e visillanti della Confraternita di Sant'Eusenzio sotto il titolo di «Gesù e Maria»
senza cornice
senza cornice
Ecce Homo Sul piedistallo è collocata l'antica statua lignea amovibile, drammatica figura dalla sofferente espressione raffigurante l'Ecce Homo dopo il processo. L'evento si inquadra dopo la sentenza di Pilato nel sinedrio e la flagellazione alla colonna. L'opera scultorea è abitualmente custodita nella nicchia del transetto destro della chiesa di Gesù e Maria, durante i riti devozionali è abbigliata con preziosi abiti costituiti da cintola e manto regale ricamati in oro e trapunti di gemme, i fianchi sostengono una fascia carica d'antichi gioielli ex-voto, sul capo cinge un'impressionante corona argentea di spine, nelle mani regge uno scettro in argento forgiato con sembianze di canna. La vara generalmente addobbata con sfere di garofani poste agli angoli, rose, anthurium nel catino di colore rigorosamente rosso, con rare contaminazioni di iris viola e palme intrecciate, è patrocinata dalla Confraternita di Sant'Eusenzio sotto il titolo di «Gesù e Maria».
senza cornice
senza cornice
Cristo con
la Croce
Statua lignea abbigliata con tunica in tessuto raffigurante un sofferente Gesù che porta la croce durante la Salita al Calvario.
senza cornice
senza cornice
Incontro di Gesù con le Pie Donne Gruppo scultoreo raffigurante l'Incontro di Gesù con le Pie Donne durante la salita al Calvario, rispettivamente Maria, Maria di Cleofa, Maria Maddalena, altrimenti note come le Tre Marie secondo il Vangelo di Giovanni. La vara è patrocinata dai circoli ricreativi.
Sezione Confraternita di San Francesco d'Assisi all'Immacolata
1 Testa
Croce guida con i Simboli della Passione
2 Retrovie Portatori e visillanti della Confraternita di San Francesco d'Assisi all'Immacolata
senza cornice
senza cornice
Caduta sotto
la Croce
Il soggetto della vara è la statua opera di Giuseppe Fiorello del 1911, raffigurante una delle numerose cadute avvenute durante la salita al Calvario, alcune fonti ne enumerano sette. La figura solitaria di Gesù, schiacciata sotto il peso della croce su uno spuntone roccioso, richiama il soggetto principale dell'opera Spasimo di Sicilia o Andata al Calvario di Raffaello Sanzio, dipinto legato alle vicende della chiesa di Santa Maria dello Spasimo e del monastero della Congregazione olivetana, capolavoro oggi custodito nel museo del Prado di Madrid. La scultura si aggiudicò il primo premio e la medaglia d'oro alla Esposizione nazionale del 1911 a Roma per l'intensità espressiva del volto di Cristo, per la commovente e drammatica esposizione scenica dell'evento. Ai vertici del catino sono presenti angeli che recano in mano gli strumenti della Passione. L'opera statuaria è custodita nella chiesa di San Francesco d'Assisi sotto il titolo dell'«Immacolata Concezione».
senza cornice
senza cornice
Gesù spogliato dalle vesti Gruppo scultoreo raffigurante il Denudamento di Cristo o Spoliazione delle vesti, evento preludio alla contesa della Sacra Tunica col gioco dei dadi da parte dei Centurioni Romani.
senza cornice
senza cornice
Crocifissione Gruppo scultoreo in legno di cipresso realizzato da Giuseppe Rossitto del 1870, raffigurante la Crocifissione di Gesù. La figura di Gesù indossa una cintola preziosamente intessuta in fili d'oro e trapunta di gemme, recante la riproduzione del Mandylion e i Simboli della Passione. Ai piedi del Crocifisso dei putti reggono gli Strumenti della Passione, intorno ruotano le figure Maria, Maria Maddalena e l'apostolo Giovanni destinatario dell'investitura da parte di Gesù. Il gruppo è frutto dell'assemblaggio di manufatti cronologicamente diversi tra loro. Le figure in cartapesta ai piedi della croce sono in realtà aggiunte postume operate da Giuseppe Emma di San Cataldo nel 1978 e già sottoposte a un primo intervento di restauro per il valente impegno di Nino Bauro e Vito Arrico nel 2003. La vara è patrocinata dalla Confraternita del Santissimo Sacramento.
senza cornice
senza cornice
La Pietà Gruppo scultoreo del 1921 ispirato alla Pietà di Michelangelo Buonarroti raffigurante il Pianto di Maria nei momenti successivi la Deposizione di Gesù dalla Croce.
senza cornice
senza cornice
Simboli
della Passione
Gruppo scultoreo del 1981 raffigurante l'Angelo che indica gli Strumenti della Passione: la Croce, la Scala, i Chiodi, la Corona di spine, la Lancia, l'Iscrizione, il Martello, le Tenaglie, il Flagello, il Calice, la Canna e la Spugna, la Colonna, il Sudario, le fasce di lino per la deposizione. Alla vara si associano le figure delle Veroniche e numerose riproduzioni della Sacra Sindone e del Mandylion. Dal nome è l'unico carro allegorico dell'intera manifestazione, infatti non identifica alcuna delle stazioni della via Crucis se non idealmente il Golgota con la Croce. Raffigura il grandioso Mistero della Vita e della Risurrezione attraverso la rappresentazione degli strumenti del Martirio.
senza cornice
senza cornice
Urna del
Cristo Morto
e
Giudei
Vara raffigurante la ricomposizione e l'ideale esposizione del corpo di Gesù Cristo nel Santo Sepolcro, rappresentata da un'urna di legno scolpito con cristalli donata da Rosario Basilico recante la data del 4 aprile 1895. Fra decorazioni, fregi e angeli dorati è esposto il Cristo amovibile. L'urna è sormontata da una maestosa palma intrecciata. La conduzione del simulacro è affidata ai Giudei: la scorta dei Centurioni Romani a guisa di Guardia Pretoriana, chiamati impropriamente "Giudei". Al manipolo delle guardie romane è affidato il compito della custodia del Santo Sepolcro, vestono divise rosse sgargianti, indossano corazze metalliche variamente decorate, portano agli avambracci un fitto numero di nastri colorati pendenti, esibiscono un candido fazzoletto plissettato al dito, sono coperti da mantello e armati di lancia. L'abbigliamento comprende un monumentale copricapo in penne di pavone, piume di pennuti e volatili. La guarnigione risponde agli ordini di un comandante che si distingue per l'aspetto truce e marziale, indossa un ampio mantello con gorgiera bianca su una tunica gialla, calza in testa un elmo ornato di piume di gallo cedrone, impartisce gli ordini brandendo la spada, è l'unico a portare lo scutum rotondo. Tutti i copricapi dei soldati sono ornati con lungo codino intrecciato e fiocco rosso terminale. I sedici componenti della formazione rispondono agli ordini del comandante, sono suddivisi in due squadre composte da otto elementi ciascuna. Una guarnigione effettua la scorta, l'altra suddivisa in gruppi da quattro, trascina il simulacro conducendo e direzionando i prolungamenti anteriori e posteriori delle assi della vara. Di forte impatto coreografico il cambio per effettuare la sostituzione delle squadre che si alternano alla guida e nelle postazioni. Un rituale di ordini concitati, il fragore delle pertiche delle lance che percuotono con veemenza il selciato, il passo di corsa, lo spostamento dell'aria, l'attrito e gli ondeggiamenti provocati dai pesanti, instabili e voluminosi copricapi. Gli eccessivi paramenti, il precario equilibrio nelle veloci fasi di avvicendamento comportano una particolare attenzione verso gli elmi piumati che impongono posture e aspetti prepotentemente solenni e ieratici sovente accompagnati da arrogante, civettuola irruenza e spavalderia. Tutto ciò concorre ad alimentare quell'aura di misticismo e di assorta contemplazione circa i personaggi più discussi che ruotano attorno l'ultima stazione dei misteri della Via Crucis.

Nella tradizione cristiana il pavone è simbolo di immortalità in quanto era credenza popolare che le carni dell'animale, dopo la morte, non si deteriorassero, fossero quindi incorruttibili.[40] In base alla credenza, il pavone perde ogni anno in autunno le penne che rinascono in primavera, pertanto l'animale è considerato simbolo della rinascita spirituale e quindi della resurrezione, in senso traslato, di consacrazione alla chiesa. Inoltre i suoi mille occhi sul piumaggio iridescente erano considerati emblema dell'onniscienza di Dio.[41]

senza cornice
senza cornice
Sezione Confraternita del Purgatorio
1 Testa
Croce guida
2 Retrovie Confrati e accòliti con funzioni di portatori di candele o torcìferi, mazzieri, portatori di vara e visillanti della Confraternita del Purgatorio
senza cornice
senza cornice
Addolorata La statua in cartapesta opera di Michele Grangeri del 1875 raffigura la Madonna Addolorata, il simulacro al di fuori dei riti pasquali è custodito nell'Oratorio delle Anime Purganti presso la chiesa di San Vito. Per i riti devozionali la Mater Dolorosa è ammantata con un ampio drappo di moirè broccato di seta nero bordato, trapunto e ricamato con fili d'oro che pone in risalto l'aureola - stellario d'oro, la mano destra al petto, lo spadino che le trafigge il cuore, sul corsetto un cuscinetto ricoperto di antichi gioielli ex-voto, il candido fazzoletto di trine pendente dalla mano sinistra. È consuetudine che il colore dell'addobbo floreale in segno di lutto sia rigorosamente bianco. La vara è patrocinata dalla Confraternita delle Anime del Purgatorio.
Sezione Chiusura corteo
1 Testa
Croce guida
2
3 Retrovie

Vare di Barcellona

[cancia | cancia lu còdici]

Nel 1801 per iniziativa del sacerdote Domenico Buda, cappellano della chiesa San Giovanni Battista, coll'intento di raggruppare le celebrazioni del periodo quaresimale, guida e presiede la prima rievocazione accorpando la «Processione della Croce», tipica proprio del Venerdì Santo (evento culmine dei «Venerdì di marzo»), con il rito processionale della Vergine Addolorata istituito nel 1754. Evento coincidente con l'anno riportato sulle due targhe marmoree, corrispondente alle date di realizzazione delle statue di Melchiorre Greco, opere poste nelle nicchie degli ingressi della chiesa di San Giovanni Battista. L'incremento dei riti devozionali risale al 4 aprile 1871, promotori don Giovanni Cannavò, l'arciprete don Bernardino Duci, Puglisi Francesco di Gaetano e Bruno Sebastiano di Antonino. A ridosso dei primi anni del XX secolo è conferito l'incarico allo scultore Matteo Trovato di realizzare nuovi gruppi statuari.

Immagine Denominazione vara Note
senza cornice Ultima Cena Gruppo realizzato con tredici manichini abbigliati raffiguranti Gesù e gli Apostoli, opera di Carmelo Vanni dell'inizio XX secolo. La scenografia della composizione richiama l'ambientazione e la disposizione dei personaggi raffigurata nel Cenacolo di Leonardo, spesso l'intera prospettiva dell'Ultima Cena addobbata con richiami dell'epoca, ricalca nel complesso il capolavoro vinciano. Il personaggio di Giuda è riconoscibile per il volto corrucciato e dalla sacca di denari pendente al suo fianco, ogni commensale è individuabile sulla base degli elementi desumibili dall'iconografia classica. Sulla mensa apparecchiata fanno bella mostra le primizie ortofrutticole, le ciambelle con le uova e l'agnello pasquale, elemento premonitore dell'imminente supremo sacrificio. La vara è patrocinata dalle corporazioni dei distillatori, bottai, agrumai e spiritari.
senza cornice Orazione nell'Orto
degli Ulivi
o Getsemani
Gruppo scultoreo di Matteo Trovato dell'inizio XX secolo, raffigurante l'Orazione presso il Monte degli Ulivi di Getsemani con le figure di Gesù orante, l'angelo recante il calice e tre Apostoli dormienti (Pietro, Giacomo e Giovanni). Restaurata da Giuseppe Emma di San Cataldo nel 1976 e rimaneggiata con integrazioni dei personaggi di Giuda Iscariota con la lanterna, del Soldato con corda e spada, del Rappresentante del Sinedrio armato di bastone, definisce contestualmente l'ambientazione dell'Arresto di Gesù. La vara è patrocinata dalle corporazioni dei carpentieri e carrettieri.
senza cornice
senza cornice
Il Pretorio
di Pilato
Gruppo scultoreo raffigurante il Processo di Gesù nel Sinedrio al cospetto dei sommi sacerdoti Anna, Caifa, del re di Giudea Erode Antipa, del governatore romano Ponzio Pilato e del Centurione, opera dello scultore Pietro Indino di Lecce, eseguita nel 1980.
senza cornice
senza cornice
Flagellazione
alla Colonna
Statua accostata alla Colonna raffigurante la Flagellazione di Gesù. La figura di Gesù, statua in cartapesta amovibile, realizzata da Matteo Trovato, al di fuori dei riti pasquali è custodita nella chiesa di San Giovanni Battista. Un'artistica Corona di spine in argento cinge il capo di Gesù. La vara è patrocinata dalla corporazione dei fabbri.
senza cornice
senza cornice
Ecce Homo Statua dalla drammatica figura e dalla sofferente espressione, raffigurante l'Ecce Homo dopo il giudizio di Ponzio Pilato. L'opera, realizzata in cartapesta nel 1921 da Matteo Trovato, è normalmente custodita in una teca nella chiesa dell'Immacolata Concezione. Per i riti devozionali la statua è abbigliata con preziosi abiti costituiti da cintola e manto regale ricamati in oro e trapunti di gemme, il capo cinge un'intricata corona argentea di spine, tra le mani regge uno scettro in argento forgiato con sembianze di canna. La vara è patrocinata dalla Confraternita dell'Immacolata.
senza cornice
senza cornice
Cristo con
la Croce
Scultura raffigurante Gesù che porta la croce durante la Salita al Calvario. La vara, realizzata in cartapesta nel 1911 da Matteo Trovato, è patrocinata dalle corporazioni dei broccai e vasai.
senza cornice
senza cornice
Caduta sotto
la Croce
Gruppo scultoreo in cartapesta, opera di Matteo Trovato del 1933, raffigurante Gesù che cade sotto il peso della croce durante la Salita al Calvario. La figura solitaria del Gesù richiama il soggetto principale dell'opera Spasimo di Sicilia o Andata al Calvario di Raffaello Sanzio, dipinto legato alle vicende della chiesa di Santa Maria dello Spasimo e monastero della Congregazione olivetana, oggi custodito nel Museo del Prado di Madrid. Il simulacro restaurato e rimaneggiato con integrazioni da Pietro Indino di Lecce nel 1977, presenta l'addizione del Fustigatore e della Veronica che regge il Mandylion dopo aver asciugato il volto di Gesù. La vara è patrocinata dalle corporazioni dei sarti e bottegai.
senza cornice
senza cornice
Crocifissione Gruppo scultoreo del 1872 raffigurante la Crocifissione di Gesù. La primitiva disposizione dei personaggi richiamava la Crocifissione di Antonello da Messina con la Madonna Addolorata accovacciata ai piedi della croce. La vara è rimaneggiata con le figure erette di Maria e di Maria Maddalena ed è patrocinata dalla Confraternita del Santissimo Crocifisso e dalla corporazione dei falegnami.
senza cornice
senza cornice
Deposizione
dalla Croce
Gruppo scultoreo raffigurante la Deposizione dalla croce, realizzato dallo scultore Pietro Indino di Lecce nel 1948, ispirato all'opera omonima di Pietro Paolo Rubens. Drammatica e movimentata rappresentazione dettata per il recupero del corpo di Gesù Cristo con la presenza di otto personaggi: Maria, Maria di Cleofa, Maria Maddalena, Giovanni, Giuseppe di Arimatea, Nicodemo e due aiutanti. La vara è patrocinata dalla corporazione degli appaltatori edili.
senza cornice
senza cornice
La Pietà Gruppo scultoreo realizzato dallo scultore Pietro Indino di Lecce del 1948 raffigurante il Pianto di Maria nei momenti successivi la Deposizione di Gesù dalla Croce, ispirato alla Pietà opera di Michelangelo Buonarroti. Rispetto all'omonima opera di Pozzo di Gotto presenta la felice contaminazione della presenza di Maria Maddalena genuflessa sul corpo semisdraiato di Gesù e di Giovanni che in posizione eretta osserva la scena. La vara è patrocinata dalla corporazione dei pescivendoli.
senza cornice
senza cornice
Deposizione
nel Sepolcro
Gruppo scultoreo realizzato dallo scultore Pietro Indino di Lecce del 1948 raffigurante la Deposizione di Gesù nel Sepolcro, opera ispirata al Trasporto di Cristo al Sepolcro di Antonio Ciseri. Dinamica e composita rappresentazione del recupero, trasporto e ricomposizione del corpo di Gesù Cristo con la presenza di altri sei personaggi: Maria, Maria di Cleofa, Maria Maddalena, Giovanni, Giuseppe di Arimatea, Nicodemo. La vara è patrocinata dalla corporazione dei macellai.
senza cornice
senza cornice
Urna del
Cristo Morto
e
Giudei
Vara raffigurante la ricomposizione e l'ideale esposizione del corpo di Gesù Cristo nel Santo Sepolcro, manufatto costituito da un'urna di legno scolpito con cristalli, realizzata dallo scultore Salvatore Crinò nel 1928 - 1929. Fra decorazioni e fregi, adagiato su un sudario e semicoperto da elaborati pizzi, è esposto il Cristo amovibile in cartapesta, scultura attribuita a Matteo Trovato dell'inizio XX secolo. L'opera, al di fuori dei riti devozionali è custodita nell'edicola posta sotto la mensa dell'altare della Cappella della Crocifissione della chiesa di San Giovanni Battista. L'urna è sormontata da un angelo con palma, ai vertici di ciascun lato, coppie di putti alati reggono in mano otto tra gli Strumenti della Passione: la Scala, la Corona di spine, i Dadi, il Mandylion, i Chiodi, la Lancia, l'Iscrizione, il Martello. La conduzione del simulacro è affidata ai Giudei: la scorta dei Centurioni Romani a guisa di Guardia Pretoriana, chiamati impropriamente "Giudei". Al manipolo di guardie romane è affidato il compito della custodia del Santo Sepolcro. Indossano candide tuniche per divisa che prevede per rango il mantello viola - sagum, corazze di cuoio lorica musculata, riproduzioni di scudi rettangolari - scutum, copricalzari - caligae, per copricapo portano un elmo con piccola cresta e per arma portano in dotazione la lancia e un pugnale. La guarnigione risponde agli ordini di un comandante che si distingue per l'aspetto truce e marziale, indossa un ampio mantello porpora - paludamentum cum fibula, si distingue per l'elmo con cresta verticale ad arco, impartisce impettito gli ordini brandendo la spada. La vara è patrocinata dalla Confraternita di Maria Santissima Addolorata e San Giovanni Battista.
senza cornice
senza cornice
Addolorata La statua in cartapesta posta sul globo dell'empireo raffigura la Madonna Addolorata, il simulacro al di fuori dei riti pasquali è custodito nella chiesa di San Giovanni Battista. Per i riti devozionali la statua della Mater Dolorosa è ammantata con un ampio drappo nero bordato e ricamato in oro che pone in risalto l'articolata aureola - stellario a raggiere sovrapposte, la spadino che le trafigge il cuore, il corsetto ingemmato di antichi gioielli ex-voto, il candido fazzoletto di trine pendente tra le mani giunte. È consuetudine che il colore dell'addobbo floreale in segno di lutto sia rigorosamente bianco, recenti le contaminazioni d'incroci con screziature di tonalità di colore tendenti all'indaco e viola. La vara è patrocinata dalla Confraternita di Maria Santissima Addolorata e San Giovanni Battista.
Sezione Chiusura corteo
1 Testa
Croce guida
2 Retrovie Fedeli con palme, Sindone, confrati e accòliti con funzioni di portatori di candele o torcìferi
3
4

Vestizione dei Giudei

[cancia | cancia lu còdici]

Al pari delle vestizioni dei simulacri delle Madonne Addolorate, la Vestizione dei Giudei (Guardie Pretoriane) costituisce uno dei momenti centrali della giornata del Venerdì Santo.


Giudei e Urna del Cristo morto, le fasi del primo avvicendamento 2018

Gesù Porta la Croce, Barcellona.
La Mater Dolorosa di San Vito.
La Mater Dolorosa di San Giovanni Battista.

Alla componente mistico - religiosa si sovrappone l'affascinante e trascinante rapimento sensoriale fatto di forme, suoni, colori, fiori, luci, essenze odorose, atmosfere, scenografie, ambientazioni, coreografie, mesta e irrituale spontaneità. I sentimenti di dolore, di pietà, di compianto, le espressioni statuarie di sacrificio, di sofferenza, di spasimo, di desolazione, di angustie e angosce sono esaltate dalle luci al tramonto, dal lento incedere dei gruppi scultorei, dal continuo ondeggiare di fronde e addobbi floreali, dal fluttuare di paramenti, dal fruscio dei tessuti, dal tremolio delle fiammelle, dal crepitio delle candele, dai diafani riflessi di colate di cera, dal tintinnio di aureole e vitrei paralumi, dal bisbiglio delle preghiere, dall'accenno sincopato delle grancasse, dai motivi melanconici suonati delle bande. Un "dolce star male", un rapimento mistico preludio alla rinascita e alla resurrezione, acutizzato dal cigolio delle pesanti strutture, dallo stridio delle ruote sull'asfalto, dal rumore ritmico dei martelli, dai segnali vociati per le soste predisposte dai capivara, enfatizzato dal canto e il controcanto degli assembramenti delle confraternite e degli accoliti, che lungo l'itinerario processionale diviene una sorta di canone, un coro iterativo dal moto perpetuo contraddistinto dalle sovrapposizioni di quartine casuali.

Nella rievocazione e contemplazione del dramma, l'accompagnamento canoro si trasforma in competizione fra gruppi contigui che coinvolgendo lo spettatore lo rendono protagonista. Le emozioni raggiungono l'acme e il parossismo collettivo nella fase d'incontro, quando le due lunghe lente processioni, sfilano una accanto all'altra, attendendosi e incrociandosi vicendevolmente per la stazione comune di penitenza e di riflessione, rievocando una tradizione antica secoli. Durante la sacra rievocazione e per tutto il periodo pasquale si accantonano le ataviche sfide e diatribe, ripicche e campanilismi vecchi quanto il mondo. Sulla lunga copertura del Longano gli eredi delle tradizioni degli antichi casali perpetuano le costumanze dei padri suggellate proprio sul nodo cruciale che un tempo costituiva separazione fra casali e oggi fa da cerniera, da fulcro vitale per tutta la comunità.

Il carattere fermo e determinato, volitivo e unitario delineato proprio dalla prima manifestazione del 1621, sgombra temporaneamente il campo da rancori sopiti, una sorta di tacita tregua ma, lascia maturare nuove sfide, spesso pettegole quanto insidiose, figlie di un dualismo mai soppresso, radicate nell'impronta genetica, il malcelato orgoglio per: l'addobbo più pomposo, la vara più ricca, i fiori più belli, la novità più ricercata, la palma più alta, i visillanti più numerosi, il canto più poderoso e resistente. L'eterna, innata, innocente, indomita, atavica, a volte puerile ricerca di una caratteristica su cui competere per poter primeggiare e farsene vanto. Oggi una delle poche sane espressioni di campanilismo sopravvissuta nella variegata complessità degli insiemi e schemi sociali cittadini.

È indelebile il ricordo quando i due cortei terminavano i loro percorsi nelle parrocchie di competenza: la chiesa di San Giovanni Battista per Barcellona, il duomo di Santa Maria Assunta per Pozzo di Gotto. Le volte delle navate riecheggiavano e riverberavano in un crescendo armonico da catarsi comune di purificazione e comunione, fino alla benedizione col legno di Santa Croce, dove solo l'improvviso silenzio finale riportava mestamente alla realtà. Recenti disposizioni limitano lo scioglimento delle rispettive assemblee sulle piazze antistanti i luoghi di culto. Particolarmente commovente il commiato sulle note di "Ah! Si, versate lacrime" presso San Giovanni mentre a Pozzo di Gotto, le vare raggiungono in parte la chiesa di Gesù e Maria e i magazzini di rimessaggio.

Ogni anno in una sola levata e un unico strappo caratterizzano il rientro della vara dell'Addolorata di Pozzo di Gotto, che compie l'ultimo tragitto fino all'Oratorio delle Anime Purganti col trasporto in spalla e con passo veloce. Quasi un'ultima volata danzante durante la quale la Madonna lievita avanzando senza toccare terra, il rientro è seguito da accorate e ripetute acclamazioni canore.

I manichini addobbati dell'Ultima Cena.

Inno principale della Passio cantata il cui testo risale all'Alto Medioevo, adottato come brano di musica sacra nella combinazione di polifonia nella liturgia cristiana del periodo pasquale, in un comprensorio soggetto alla dominazione bizantina. Nel particolare contesto storico l'intera Val Demone è sede di monasteri, cellule e comunità religiose provenienti dal Medio Oriente, in prevalenza di rito greco, le cui tradizioni sono influenzate fino all'avvento dei normanni, da quasi due secoli di dominazione araba.

Non un normale inno liturgico ma, nella forma locale, il canto accorato e struggente, straziante e disperato, dove il fervore e l'impeto inchiodano in senso figurato la lingua latina e da un'altra "passione", stavolta di natura linguistica, sgorga la preghiera più bella, forse agreste e ruspante, vociata e imponente ma, devota e interiore, intensa e coinvolgente, prorompente espressione di corale partecipazione.

Non la saeta, il dardo, il "grido" di dolore repentino e generalmente solitario di matrice iberica, nel quale si potrebbe configurare e/o riconoscere in alcune improvvise e veloci fasi ascendenti (crescendo) o discendenti (diminuendo) della melodia ma piuttosto, come lo definisce Melo Freni con un'incisiva espressione e impressione "... un saliscendi di acuti e controcanti gutturali che perdono il senso delle stesse parole ed esaltano quello della vitalità espressiva".[42]

Il testo letterario e il testo cantato sono formati da quartine senza metrica che nella versione italiana perdono le poche rime.

Nell'esecuzione del testo cantato, l'incipit e i capovèrsi sono pervasi dalla componente araba identificabile nella chiamata salmodiante, rammentano per atteggiamenti e mimica la figura del muezzin, dove la sillabazione e intonazione melodica, richiamano lontani retaggi orientali tipici delle religioni rivelate alla nostra più vicine, elementi dei quali tutta l'isola è permeata. Rievocano l'invito alla preghiera, alla partecipazione, elementi che accomunano il canto per intonazione alle invocazioni, alle suppliche, alle acclamazioni tipiche delle celebrazioni dedicate alla venerazione di molti santi protettori e a numerosi altri canti dei riti della Settimana Santa in Sicilia. L'enfasi canora distingue le "sobrie e contenute" versioni pozzogottesi dalle "vigorose ed esibite" versioni barcellonesi riconducibili alle grida cantilenanti dei banditori delle contrattazioni dei mercati rionali.

(SCN)
« bandiata, abbanniata, vanniata - bandiaturi, abbanniaturi, vanniaturi »
(SCN)
« grida - banditore »
(dialetto locale, palermitano, catanese)


Il canto a cappella come struttura musicale risponde approssimativamente allo schema composto da:

  • Introduzione: primo solista con estensioni proprie di tenore o alto, la voce prima esegue la prima parola dell'incipit o dei capoversi con virtuosismi, estensione e prolungamento della vocale della seconda sillaba;
  • Responso: secondo solista, voce seconda minore con tonalità diversa esegue la seconda parola e come l'esecutore precedente, indugia sull'estensione e allungamento della vocale della prima sillaba;
  • Seconda introduzione: primo solista, la voce prima effettua la ripresa sulla terza parola accentuando tonalità, estensione e vocalizzi della seconda sillaba. Tenui accenni di responso corale raccordano, rafforzano e accompagnano talune esecuzioni nelle fasi discendenti della parte solista.
  • Responso corale: accordo costituito dalla sovrapposizione delle voci con la fusione delle tonalità e dei timbri. L'alternanza dell'introduzione - responso - introduzione seconda, fatta dalle voci soliste, è sostenuta dalle variegate e scalari tonalità dei poderosi responsi corali che esaltano la drammaticità degli eventi rappresentati. Il pedale cromatico di baritoni e bassi trascina emotivamente nella commozione, nel lamento, nel pianto corale, nel compianto l'intera collettività.
  • Gruppo Visillanti "Gesù porta la Croce" di Barcellona.
  • Gruppo Visillanti "I Simboli della Passione" di Pozzo di Gotto.
  • Gruppo Visillanti "Gesù e Maria" di Pozzo di Gotto.

Palme e cesti

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Madonne accovacciate

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Crocifissione di Sibiu Muzeul Naţional de Artă di Bucarest.
Crocifissione, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, Anversa.
Crocifissione, National Gallery, Londra.

Foto d'epoca consegnano ai posteri vare con ambientazioni sceniche improntate a raffigurazioni del Calvario di Antonello da Messina ravvisabili nella Crocifissione di Londra e nella Crocifissione di Anversa. Scenografie attuali rendono il tema più vicino alla Crocifissione di Sibiu (Muzeul Naţional de Artă di Bucarest) dove tutti i personaggi sono raffigurati in posizione eretta ai piedi della croce. Pur rispondendo ai canoni fiamminghi, le posture degli astanti abbandonano gli stilemi delle raffigurazioni alto medievali tipiche dei bassorilievi e delle pitture che mostrano la Vergine e l'apostolo Giovanni accovacciati e contriti sulla sommità del Golgota. Oggi pervengono solo due esempi di Madonne accovacciate: entrambi riscontrabili nei simulacri delle Pietà, dove la figura di Maria accoglie le spoglie di Gesù nell'ultimo materno e straziante abbraccio accovacciata sulle asperità del terreno.

Madonne vestite

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Entrambe le «Addolorate» rappresentano due esempi di «Madonne vestite» o "statue abbigliate" o "statue ammantate". Nella fattispecie "doppiamente vestite" in quanto i simulacri in cartapesta raffigurano la figura mariana già abbigliata come scultura originaria. Il lutto è enfatizzato ufficialmente e universalmente con ulteriori drappeggi secondo usi in voga dal XII - XV secolo in Spagna, Francia e Italia. Per contaminazione da dominazione in Puglia e Sicilia vige l'usanza di abbigliare, sovrapponendo ulteriori manti, oro e corone a simulacri già perfezionati, costume che si sviluppa capillarmente tra il XVII - XVIII secolo. Il padulamento con gli abiti permette tuttavia di arricchire e modificare alla bisogna, opere concepite in origine per essere esposte senza la sovrapposizione dei panneggi, per essere adattate in un secondo tempo alla vestizione conferendo ulteriore solennità e regalità, la cui cura e culto sono esercitati da cerchie di donne o da confraternite appositamente costituite seguendo immutati rituali.

Le Mater Dolorose «svelate» e sobrie nei panneggi durante tutto l'arco dell'anno, per i riti processionali della passione si trasformano alla stessa stregua delle madonne iberiche, in dolorose «ammantate» e sfarzosamente abbigliate, che nella tragicità del lutto e nella commemorazione degli eventi, si mostrano quasi per "apparire", anzi, essere bellissime, adornate come regine. Non bastano solo le vesti e i manti elaborati ma, per enfatizzare il dolore esibiscono i loro corredi di trine, di gioielli, di spadini argentei, di aureole preziose, frutto di donazioni dei devoti, per incedere al ritmo tragico e funereo, mesto e lamentoso al tempo stesso gioioso e festoso, regale e maestoso della pasqua barcellonese.

In occasione delle processioni i due simulacri sono sottoposti al rito della vestizione. L'evento commovente è un rituale privato e quasi segreto, privilegio di poche consorelle: un ristretto numero di donne si riunisce intorno alla statua vestendola, sovrapponendo all'abito plasmato, gli abiti solenni e sontuosi della cerimonia. Infine l'adornano con gli ori donati dai fedeli, con attenzioni e riguardi commossi come se fosse una figlia o una sposa. Di solito la Madonna è "parata e 'bbissata" nei locali deputati a sede delle rispettive confraternite.

Tra gli esempi di «Madonne ammantate», la "Madonna del Tindari" prima del recente restauro, l'"Addolorata" di Lipari e tutte le Addolorate e Desolate di Palermo che hanno in dote proprio i manti e, spesso i gioielli (corone, tiare, diademi, stellari, collane, spille, anelli), doni delle regine consorti dei Sovrani di Sicilia.

Discorso diverso per le statue raffiguranti i personaggi dei Cenacoli, Orto degli Ulivi. In questi casi si tratta di veri e propri manichini addobbati.

Genesi della «Passio» cantata

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Il contesto nel Regno di Sicilia nei primi lustri del XVII secolo è contrassegnato dalla figura del sacerdote e compositore musicale Marotta Erasmo già membro della curia romana. Nel 1610 fu ammesso nella Compagnia di Gesù, il 10 maggio 1612 fu destinato al noviziato dei gesuiti di Palermo. Nel marzo 1613 fu trasferito in quello di Messina ove, durante la settimana santa di quello stesso anno, nella chiesa di San Nicolò dei Gentiluomini, introdusse in Sicilia l'uso di cantare la Passio secundum Johannem a tre voci soliste su basso continuo, ove egli stesso interpreta la parte del Cristo. Tornò spesso a Palermo: qui il 3 febbraio 1618, compose e fece rappresentare, per ordine del viceré di Sicilia Francìsco Ruiz de Castro Andrade y Portugal, conte di Castro, VIII conte di Lemos e duca di Taurisan, gli intermedi per la sacra tragedia Il martirio di San Pelagio, opera del gesuita Fabrizio de Spuches nel Collegio gesuitico. La sua musica e il suo canto ottennero un successo travolgente nelle due capitali del regno di Sicilia, ma non fu consentito ad un padre gesuita esercitare la professione di musico: fu concessa l'esecuzione delle sue composizioni, ma non più permesso ch'egli cantasse e suonasse in pubblico. Sempre in tema quaresimale fu l'autore di un Miserere e Motteti per li venerdì di Quaresima.

Testi dei canti

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Vexilla regis prodeunt,
fulget crucis mysterium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.
Confixa clavis viscera
tendens manus, vestigia
redemptionis gratia
hic inmolata est hostia.
Quo vulneratus insuper
mucrone diro lanceae,
ut nos lavaret crimine,
manavit unda et sanguine.
Inpleta sunt quae concinit
David fideli carmine,
dicendo nationibus:
regnavit a ligno Deus.
Arbor decora et fulgida,
ornata regis purpura,
electa, digno stipite
tam sancta membra tangere!
Beata cuius brachiis
pretium pependit saeculi!
statera facta est corporis
praedam tulitque Tartari.
Fundis aroma cortice,
vincis sapore nectare,
iucunda fructu fertili
plaudis triumpho nobili.
Salve ara, salve victima
de passionis gloria,
qua vita mortem pertulit
et morte vitam reddidit.
Lû vennardì di marzu gluriusu,
la Matri Santa si misi in 'ncamminu.
Ppî strada ci 'ncuntrò San Giuvannuzzu,
ci dissi: "O Matri, Matri Santa unni annati?"
"Vaju circandu lu me duci figghiu,
chi l'haiu persu e non l'haiu truvatu".
"Annati, annati a casa di Pilatu,
chi 'ddâ lu truviriti 'ncatinatu".
E ... "tuppi, tuppi, tuppi", "Cû è 'ddôcu?"
"jeni 'ddû cori afflittu di tô Matri".
"O Matri, Matri non vi pozzu apríri,
câ li giudei m'hannu 'ncatinatu".
"Annati, annati unni î mastri firrari,
faciti fari 'nu paruzzu î 'gghiova".
"Non tantu 'rossi e non tantu puntuti,
c'hann' à passari 'sti carnuzzi fini".
Arrispunneru li mastri firrari,
"'rossi e puntuti li sapemu fari".
"'Rossi e puntuti li sapemu fari,
c'hann' à passari 'sti carni di cani".
A Matri Santa sintennu 'sti cosi,
fici trimari lû cielu e la terra".
Ah, Si! Versate lacrime,
Angeli mesti in cielo,
Vestite il lutto velo,
L'amato ben morì. (2 vv.)
Morì, per man dei barbari,
Morì trafitto in croce,
Soffrì la pena atroce,
Il Redentor, spirò,
Il Redentor, spirò,
Il Redentor, spirò,
morì spirò, ...
morì spirò, ...
morì spirò, ...
il Redentor morì spirò.
Ah si versate lacrime,
lacrime di dolore,
tradito il buon Signore,
in cielo salì.
Mori, morì, morì. (lamento)
Morì, spirò il Redentor,
Il Redentor Spirò. (forte)

Confraternite e patrocinatori

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"Gesù alla Colonna" Barcellona.

La confraternite e limitatamente le congregazioni, nascono per l'assolvimento delle funzioni derivanti il buon funzionamento e il mantenimento delle concessioni fatte dai prelati e o privati alla chiesa, sodalizi confermati da un'autorità ecclesiastica superiore riconducibile quasi sempre alla figura del vescovo della diocesi o al rettore capo dell'istituzione religiosa. L'osservanza dei precetti è il fondamento necessario sulla quale si basa l'impostazione dell'organizzazione della confraternita. Lasciti, donazioni, eredità, regalie comportano la gestione di una mole di lavoro che esula dalla mera attività ecclesiastica canonica. Dalle regole dei primi statuti di Pozzo di Gotto, ai confratelli spetta la corresponsione delle spese d'affitto, per il vettovagliamento e le attrezzature del luogo deputato quale sede della confraternita. In seguito è imposto l'impegno di assistere nelle processioni, nonché l'obbligo cristiano e morale di garantire a tutti una cristiana sepoltura e di commemorare i confratelli defunti, effettuare pii esercizi spirituali, svolgere attività di reciproco conforto e di mutuo soccorso, l'esercizio di azioni umanitarie di carità e penitenza, il sostentamento dei deboli, assolvere pratiche religiose volte all'incremento del culto pubblico, la pratica della catechesi non disgiunta dalla diffusione della cultura. L'insieme dei regolamenti comprende e disciplina l'azione di tutti gli atti non comuni al complesso dei fedeli e vieta espressamente il compimento di azioni indecorose, pena l'allontanamento o l'espulsione.

Antiche Confraternite

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  • "Congregazione di Gesù e Maria" fondata anteriormente al 1579 presso la primitiva chiesa dedicata a Sant'Andrea Apostolo nella frazione di Serro Sant'Andrea dell'antica Pozzo di Gotto oggi chiesa del Carmine dei Padri carmelitani, Pozzo di Gotto. Due atti notarili di Simone Coppolino del 3 gennaio 1622 e 16 gennaio 1626, Placido Zangla e il fratello sacerdote Giambattista, formalizzano la concessione gratuita di terreni alla "Confraternita di Santo Ausenzio sotto il titolo di Gesù e Maria" operante nella chiesa della Madonna del Carmelo, per la costruzione della chiesa di Gesù e Maria.
  • "Confraternita di San Filippo d'Agira" fondata approssimativamente al 1620 presso l'antico duomo di Santa Maria Assunta ove esisteva una Cappella dedicata a San Filippo d'Agira.
  • "Confraternita del Purgatorio" fondata il 16 dicembre 1663 presso l'Oratorio, oggi Oratorio delle Anime Purganti, adiacente al duomo antico di San Vito, Pozzo di Gotto. Il 16 dicembre del 1663 è fondato l'Oratorio delle Anime del Purgatorio consistente in costruzioni e terreni concessi dal sacerdote Mario Catalfamo presso il duomo antico di San Vito che includevano già la presenza di una cappella preesistente dedicata alle Anime Sante edificata da Diego Fiorello. Contestualmente è istituita la "Confraternita del Purgatorio" oggi nota come "Confraternita delle Anime del Purgatorio sotto il titolo dell'Immacolata Concezione". La commemorazione dei defunti è l'obiettivo principale della confraternita, tra la moltitudine degli scopi previsti: il dispensare conforto durante la malattia, garantire una cristiana sepoltura, assicurare l'assistenza ai superstiti con particolare riguardo agli orfani e alle vedove, perpetuare il ricordo e la redenzione dell'anima dei defunti mediante la celebrazione di messe di suffragio, partecipare ai riti devozionali e processionali durante le solennità previste dal calendario liturgico.
  • "Confraternita del Santissimo Sagramento" fondata il 18 aprile 1715 presso l'Oratorio delle Anime Purganti, adiacente al duomo antico di San Vito, Pozzo di Gotto.

Attuali Confraternite

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Confraternite di Pozzo di Gotto

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Confraternita Gesù e Maria in Sant'Eusenzio
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  • "Confraternita di Sant'Eusenzio sotto il titolo di Gesù e Maria", essa ingloba la primitiva "Congregazione di Gesù e Maria" presso i Padri carmelitani, chiesa di Gesù e Maria, Pozzo di Gotto.
    • Abbigliamento: tunica o camice di colore bianco, scapolare o "abitino" (altrimenti detto tabarino o mantellina) di colore rosso, cingolo ai fianchi e corona del rosario, medaglione d'argento o dipinto al collo, alcuni confrati recano mazze con impugnature o decorazioni in argento.

Confraternita delle Anime del Purgatorio
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Confraternita di San Francesco d'Assisi all'Immacolata
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Confraternita del Santissimo Sacramento
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Confraternite di Barcellona

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Confraternita di Maria Santissima Immacolata
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  • "Confraternita di Maria Santissima Immacolata", Barcellona.
Confraternita del Santissimo Crocifisso
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Confraternita di Maria Santissima Addolorata e San Giovanni Battista
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Corporazioni e nuclei familiari storici

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  • Corporazioni: bottai, agrumai, distillatori e spiritari, carpentieri e carrettai, broccai e vasai, fabbri, sarti e bottegai, falegnami, appaltatori edili, pescivendoli e pescatori, macellai, villici e sodalizi cattolici, circoli ricreativi.

Elenco dei nuclei familiari storici come donatori o patrocinanti, che ne hanno curato l'addobbo, il restauro, la manutenzione.

  • Vare di «Pozzo di Gotto»: Basilicò, Bartolone, Cambria, Caruso, Cattafi, Cutropia, D'Amico, Isgrò, Miano, Pantè, Pino, Rizzo, Romano, Stracuzzi.
  • Vare di «Barcellona»......: Agri, Alosi, Bilardo, Bisignani, Calarco, Fugazzotto, Imbesi, Lo Presti, Milone, Moleti, Munafò, Porcino, Rotella, Russo, Sidoti.

Usi e costumi perduti

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  • «Â predica ô scuru»;
  • «Â predica all'Apostuli»;
  • «Û baciu dî pedi»;
  • «Û sonu dâ traccula»;
  • «Â calata dâ tila».

Galleria d'immagini

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  1. Numero 120 del Registro Eredità Immateriali Erruri dû Lua nta package.lua â riga 80: module 'Mòdulu:Webarchive' not found..
  2. Pagine 38 - 44,"Gazzetta Ufficiale della Sicilia", 9 maggio 2014.
  3. Codex Theodosianus, 16, 1.2
  4. Le origini storiche dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Sicilia dai Normanni agli Aragonesi Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Template:Webarchive
  5. Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme in Sicilia dai Musulmani a oggi Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Template:Webarchive
  6. Erruri dû Lua nta package.lua â riga 80: module 'Mòdulu:Webarchive' not found.
  7. Pagina 102, Giuseppe Pitrè, "Spettacoli e feste popolari siciliane".
  8. Erano chiamate a Genova Casazze o Casaccie grandi case ubicate in edifici posti presso la Crosa del Diavolo atte ad ospitare i sodalizi dei Disciplinanti.
  9. Società Siciliana per la Storia Patria, op. cit., pp. 156 .
  10. Pagina 273, Michele Pasqualino, "Vocabolario Siciliano etimologico, Italiano e Latino" [1], Tomo primo, Reale Stamperia, Palermo, 1785.
  11. Pagina 103, Giuseppe Pitrè, "Spettacoli e feste popolari siciliane".
  12. 12,0 12,1 Società Siciliana per la Storia Patria, op. cit., pp. 158 .
  13. Pagina 187 a 191, Giuseppe Beritelli La Via, Alessio Narbone, "Notizie storiche di Nicosia" [2], Stamperia di Giovanni Pedone, Palermo, 1852.
  14. http://www.etnomediterranea.org/public/scoperte/LADEVOZIONE.pdf
  15. Pagine 116 e 117, Giuseppe Pitrè, "Spettacoli e feste popolari siciliane".
  16. Società Siciliana per la Storia Patria, op. cit., pp. 163 .
  17. Società Siciliana per la Storia Patria, op. cit., pp. 155 .
  18. Fra parentesi l'ultimo anno di rappresentazioni documentate
  19. Pagina 123, Giuseppe Pitrè, "Spettacoli e feste popolari siciliane".
  20. Prima fratellanza aragonese di Saragozza Erruri dû Lua nta package.lua â riga 80: module 'Mòdulu:Webarchive' not found.
  21. Prima confraternita aragonese di Saragozza [3] Template:Webarchive
  22. "Marco De Grandi e le origini del dramma sacro in Sicilia"
  23. Giovanni Paolo Fondulli autore dello "Spasimo di Sicilia" del 1574, copia del celebre quadro di Raffaello Sanzio, dipinto custodito nella Chiesa di San Domenico di Castelvetrano.
  24. Pagina 102. Giuseppe La Farina, "Messina e i suoi monumenti". [4]
  25. "Atto della Pinta", sacra rappresentazione
  26. "Vicende della coltura nelle due Sicilie..."
  27. Pagina 25, Gaspare Palermo, "Guida istruttiva per potersi conoscere ... tutte le magnificenze ... della Città di Palermo" [5], Volume terzo, Palermo, Reale Stamperia, 1816.
  28. Erruri dû Lua nta package.lua â riga 80: module 'Mòdulu:Webarchive' not found.
  29. cfr. Francesco Maurolico, "Sicanarum rerum compendium", c. 191 r.
  30. Pagina 128, Giuseppe Pitrè, "Spettacoli e feste popolari siciliane". Episodi raffigurati: "L'arrivo di Placido e compagni a Messina", "I fratelli e le sorelle di Placido", "Assedio e l'assalto dei Saracini", "Le minacce del tiranno Mamuca in tribunale", "Il martirio di Placido e compagni", "La palma del martirio", "Gordiano seppellisce i santi corpi e la sopraffazione dell'armata nemica".
  31. Pagina 262, "La drammaturgia della settimana santa in Italia"
  32. Pagina 261, "La drammaturgia della settimana santa in Italia"
  33. Entra in carica l'11 dicembre 1606, mentre il principe di Castelbuono inizia la sua presidenza l'8 settembre 1606 e termina il suo mandato il 9 dicembre 1606: Di Blasi, pp. 274 - 275.
  34. '.
  35. Pagina 103, Giovanni Evangelista Di Blasi, "Storia cronologica dei viceré luogotenenti e presidenti del regno di Sicilia" [6], 1867, P. Pensante, Palermo, 1867.
  36. In merito lo storico Giovanni Vivenzio scrive: " ..... né Barcellona, e la Città di Patti, né le Piazze di Melazzo, e di Augusta andarono esenti da danni, e da lesioni nelle loro fabbriche."
  37. A pagina 263 dell'opera "Istoria e teoria de' tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria, e di Messina del MDCCLXXXIII" di Giovanni Vivenzio: "..... Barcellona, comunemente Barcellonetta. Più in là, all'W. di Melazzo trovasi Barcellonetta, la quale soffri moltissimo nelle abitazioni dal Tremuoto de' 5 Febbrajo, e susseguenti, ed in modo, che si doverono construire alcune Baracche per la celebrazione delle Messe, essendo le Chiese o fracassate, o dirute." [7]
  38. Dizionario spagnolo e collegamenti, su significado-diccionario.com.
  39. Il termine «trono» è presente in Sicilia per indicare il simulacro del "Crocifisso" processionato nei riti pasquali di Barrafranca
  40. Pagina 75, Silvio Paolucci, Giuseppina Signorini, "L'Ora di Storia", Edizione Rossa, Zanichelli, Bologna, 2004.
  41. Pagina 309, Dizionari dell'arte, "La natura e i suoi simboli", Edizioni Electa, 2011.
  42. Espressione e impressione estrapolata dalla pagina [8] Articolo tratto da "La Sicilia Ricercata"

Bibliografia

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  • Giuliana Fugazzotto - Analisi della Visilla di Barcellona e di Pozzo di Gotto - in: Culture Musicali, n.15, Firenze, USHER, 1990.
  • Giuliana Fugazzotto - La processione delle barette e il canto della “Visilla” a Barcellona Pozzo di Gotto, in: Aa.Vv., Feste - Fiere - Mercati, EDAS, Messina, 1992
  • Giuliana Fugazzotto - Viaggio musicale in Sicilia, in Journal of Musical Antropology of the Mediterranean, n.9, 2005. M&A-Music & Anthropology, 9, 2005 Template:Webarchive
  • Paolo Albani, Marco De Grandi e le origini del dramma sacro in Sicilia, Teatro Cristiano, 1966.
  • Claudio Bernardi, La drammaturgia della settimana santa in Italia [10], editore Vita e Pensiero, 572 pagine, 1991.
  • Maria Pacini Fazzi, di Teofilo Folengo, Atto della Pinta, sacra rappresentazione, 133 pagine, 1994.
  • Di Pietro Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle due Sicilie..., 44 pagine.
  • Gino Trapani, Andrea Italiano, Antonino Il Grande - "Le Varette di Barcellona Pozzo di Gotto" - Giambra Editori (2015).
  • Giuseppe Pitrè, "Spettacoli e feste popolari siciliane" [11], Volume unico, Palermo, Luigi Pedone Lauriel Editore, 1881.
  • [12].
  • "Appunti di Viaggio. Folklore, storia e religiosità in Sicilia", Emanuele Romeo Editore, Siracusa, 2005.
  • "Feste, fiere, mercati", Assessorato alla pubblica istruzione, S.d. Messina: EDAS, 1992.
  • Ignazio Macchiarella, "I canti della Settimana Santa in Sicilia", Arti Grafiche Siciliane, Palermo, 1993.

Opere antiche

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Discografia

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  • Giuliana Fugazzotto - La Visilla e la tradizione musicale a Barcellona Pozzo di Gotto - LP Albatros VPA 8495, 1989.
  • Mario Sarica - Canti della Settimana Santa della provincia di Messina - LP Albatros VPA 8508, 1989.
  • Mario Sarica e Giuliana Fugazzotto - I doli du Signuri - Canti della settimana santa in Sicilia - CD Ethnica n. 10, 1994.
  • Elsa Guggino, Ignazio Macchiarella, Visilla – Barcellona Pozzo di Gotto in "La Settimana Santa in Sicilia. Voci e suoni nei riti della Passione", Edizioni Albatros, Vinile 33 giri, Archivio Sonoro Nastroteca del Cricd.

Voci correlate

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Altri progetti

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L'Urna del Cristo Morto di Pozzo di Gotto Pasqua 2013.

Collegamenti esterni

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