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Particolare del portale principale della "Chiesa Madre" raffigurante lo stemma della città

Il duomo di Santa Lucia di Mistretta elevato a santuario di Maria Santissima dei Miracoli, si affaccia lateralmente su Piazza Vittorio Veneto e il prospetto principale si protende su via Libertà. È la più grande delle chiese di Mistretta. Appartenente alla diocesi di Patti, vicariato di Santo Stefano di Camastra sotto il patrocinio di San Nicola di Bari, sede dell'arcipretura di Mistretta, parrocchia di Santa Lucia.

Storia[cancia | cancia la surgenti]

Epoca normanno - sveva[cancia | cancia la surgenti]

Le prime notizie del tempio cristiano o Major Ecclesia (Maioris Ecclesiae), verosimilmente edificato su preesistente luogo di culto o edificio pagano, risalgono al 1175, anno in cui il vescovo Guido Fabricii da Anagni la donò con tutti i suoi arredi e patrimoni ad un canonico della sua cattedrale.

E' molto probabile che la sua fondazione risalga alla liberazione normanna dell'isola di fine XI secolo, come del resto avviene per molti luoghi di culto in moltissime località del neonato regno degli Altavilla. Ubicata quasi a ridosso della Via Numea in prossimità di Porta Palermo. Della struttura normanna orientata con le absidi ad est secondo lo stile bizantino, e del suo arredo, non è pervenuto nulla con ogni certezza rovinosamente distrutto col terremoto di Catania del 1169 altrimenti noto come terremoto di Sant'Agata.

Seguirà una delle ricostruzioni altomedievali. Il 29 maggio 1230 Arduino II, vescovo di Cefalù, consacrò e dedicò il tempio e l'altare a Santa Lucia.

Epoca aragonese - (Rinascimento siciliano)[cancia | cancia la surgenti]

Nel 1490 fu ricostruita nelle forme attuali con l'orientamento abside - prospetto ribaltato.

Nel 1494, in piena epoca rinascimentale l'edificio è stato arricchito con il portale e della statua raffigurante la Madonna di Loreto del 1495 entrambre opere di Andrea Mancino, dell'ancóna marmorea dei fratelli Vincenzo e Antonino Gagini nel 1552, nel 1521, fu edificata la possente torre campanaria di pertinenza municipale. Quest'ultima oggi costituita da quattro sezioni e un basamento delimitati da marcapiani, la cella sommitale dotata di bifore, il tetto sormontato da intelaiatura ferrea a castelletto per campane di piccole dimensioni.

Epoca spagnola[cancia | cancia la surgenti]

Dal 1615 e il 1630 ha luogo la demolizione di numerosi manufatti quattrocenteschi e la riedificazione di ambienti, poi ulteriormente rielaborati, e giunti fino a noi.

Col fiorire del barocco siciliano nel 1626, è realizzato il ricchissimo portale principale e quello meridionale detto di San Gaetano per via del motto scolpito, entrambi opere in pietra arenaria di scalpellini locali. Più contemporanea è la commissione e realizzazione di opere d'arte figurative e decorative per mezzo di manodopera locale abile in manufatti in pietra e legno, botteghe palermitane specializzate in marmi e argenti, maestranze dei centri vicini esperte in tele, stucchi ed affreschi.

Importanti lavori sono realizzati a ridosso del sisma del 25 agosto 1613 o "terremoto di Naso", i molteplici interventi promossi da vescovo di Cefalù Stefano di Muniera conferiranno grossomodo l'aspetto attuale. Il 15 dicembre 1619 ha luogo la prodigiosa sudorazione della statua di Maria Santissima dei Miracoli.

Nel 1630[1] fu ampliata con l'innalzamento dell'abside e del transetto, la costruzione del tiburio ottagonale rivestito di maioliche verdi cristalline e le due cappelle mariane simmetriche: Cappella della Madonna dei Miracoli e Cappella di Santa Maria Odigitria. Nella nuova zona presbiteriale ad ovest, il coro e le due absidiole laterali: Cappella del Santissimo Sacramento e Cappella di Santa Lucia.

Nello stesso anno il vescovo promotore dell'ingrandimento del tempio si pregiò di inaugurare e benedire i nuovi manufatti con una solenne consacrazione, ma un furioso incendio distrusse inaspettatamente tutti gli arredi e la quasi totalità dei documenti custoditi negli archivi.

Sono molti altri gli eventi sismici che nelle devastazioni su scala regionale, hanno provocato danni contenuti all'integrità complessiva del monumento come il terremoto del Val di Noto del 1693 e il terremoto della Calabria meridionale del 1783. Quest'ultimo arresta il perfezionamento delle seconda torre, quindi del prospetto anteriore nel suo complesso.

Epoca borbonica[cancia | cancia la surgenti]

Ad ulteriori lavori di ampliamento e abbellimento seguì la nuova dedicazione nel 1775 per opera di Gioacchino Castelli dei principi di Torremuzza.

L'erezione a parrocchia il 12 maggio 1790. Tuttavia, le innumerevoli opere di consolidamento, ingrandimento e abbellimento concorrevano a togliere il primato e prerogative al primitivo duomo di San Nicola e alla chiesa di Santa Caterina d'Amestràta.

Negli ultimi anni, soprattutto dopo il "terremoto di Capizzi e Mistretta" del 31 ottobre 1967, la chiesa è stata sottoposta a radicali opere di restauro che hanno portato alla luce parte degli sfarzi che il tempo aveva celato.

Il 31 ottobre 2016 la chiesa madre è stata elevata a santuario di Maria Santissima dei Miracoli dal vescovo della diocesi di Patti Ignazio Zambito con decreto del 25 luglio 2016.

L'elevazione si inserisce e rievoca il IV centenario della prodigiosa sudorazione della statua di Maria Santissima dei Miracoli.

Facciata[cancia | cancia la surgenti]

L'impianto a croce latina ripartito in tre navate scandite da arcate a tutto sesto poggia su robuste colonne con capitelli d'ordine corinzio su bassi piedistalli. La facciata compresa fra due possenti torri delle quali una sola è compiuta e datata 1521,[1] la destra, iniziata a partire del 1742, è completa solo al terzo ordine.

Ingresso prospetto anteriore: portale in stile barocco siciliano delimitato da due colonne - scanalate e arabescate nel fusto inferiore - che sorreggono un doppio timpano ad arco spezzato sovrapposto con la statua intermedia di Santa Lucia, sulle cimase sono collocate le raffigurazioni allegoriche della Speranza e della Carità. Nei pennacchi sono inseriti due medaglioni: a sinistra è raffigurato Re Davide con la cetra, simbolo di sapienza e di giustizia, a destra è raffigurato Ferdinando II d'Aragona il Cattolico, raffigurato con il braccio sinistro piegato sulla spalla destra mentre stringe con la mano lo scettro col giglio dei re aragonesi, simbolo del trionfo della fede e della purezza nel comando.[1]

Controfacciata: gli ambienti e manufatti corrispondono all'antica zona absidale fino al XVII secolo.

  • Cappella del Fonte battesimale. Intagli lapidei e decorazioni murali dipinte del XVI secolo caratterizzano l'ambiente, il fonte battesimale marmoreo è attribuito a Vincenzo Gagini, opera del 1575, la copertura lignea e statue sono opere di Giovanni Biffarella del 1732. Prima dell'inversione della chiesa, la cappella ospitava la statua di Santa Lucia.
  • Torre campanaria: opera di maestranze locali e palermitane 1521 - 1562.
  • Pronao: acquasantiere marmoree di Ambrogio Schillaci del 1667.
  • Cappella della Madonna di Pompei già Cappella della Mercè. Ambiente caratterizzato da decorazioni in stucco, altare in marmo con dipinto su tela entro cornice neogotica del 1922, opera patrocinata dalla famiglia Seminara – Ortoleva.

Navata destra[cancia | cancia la surgenti]

  • Prima campata: altare delle Anime Purganti. Alla parete il dipinto Anime Purganti o Redenzione del Mondo raffigurante Gesù risorto mentre separa i giusti dai peccatori, olio su tela di Giuseppe Tomasi da Tortorici del 1651, opera commissionata dalla Confraternita delle Anime Purganti.
  • Seconda campata: altare di San Gaetano da Thiene. Alla parete il dipinto raffigurante l'Apparizione della Vergine a San Gaetano da Thiene, olio su tela di Giuseppe Tomasi da Tortorici del 1651. Alla base del dipinto è riprodotta una delle prime raffigurazioni della città.
  • Terza campata: Ingresso settentrionale. Portale marmoreo, uno dei primi in puro stile rinascimentale attribuito a Andrea Mancino e Antonio Vanella, esponenti della corrente degli artisti lombardo-comaschi, opera eseguita nel 1494.[1][2] Della medesima corrente costituiscono figure di spicco gli esponenti della famiglia dei Gagini. Due esili lesene scanalate, stipiti con fregi fitoformi, teste di putti alate alla base, incorniciano l'ingresso fino al robusto architrave recante i medaglioni raffiguranti San Pietro e San Paolo posti ai lati dello stemma regio con i simboli della città di Mistretta. Pinnacoli ornamentali e decorativi delimitano la lunetta raffigurante la Madonna con Bambino fra le sante siciliane Lucia e Agata, il tutto sormontato dalla figura dellTemplate:'Onnipotente benedicente con ai lati due piccole statuette raffiguranti rispettivamente l'Angelo Annunziante e la Vergine Annunziata.[3] Sullo stesso prospetto laterale è presente il portale gotico proveniente dalla chiesa di Sant'Antonio Abate, sul quale è incisa l'iscrizione: "1575 FU LA PESTE".[1]
  • Quarta campata: altare del Cristo alla colonna. Nicchia contenente la statua raffigurante il Cristo alla colonna, statua lignea di ignoto del XVIII secolo.
  • Quinta campata: altare del Crocifisso della Provvidenza. Ambiente in marmi mischi con altorilievi raffiguranti Maria e la Maddalena (San Giovanni Evangelista) di Domenico Battaglia realizzato intorno al 1730c. Crocifisso, manufatto ligneo di Vincenzo Genovese del 1866, che sostituisce l'antico, fino al 1598 collocato pendente da un'alta trave a metà della navata centrale.

Navata sinistra[cancia | cancia la surgenti]

  • Prima campata: altare di Sant'Anna. Alla parete il dipinto raffigurante Sant'Anna, la Vergine Maria, San Giovannino con Gesù, San Giuseppe e San Giovannino, olio su tela, opera di Antonio Manno del 1771.
  • Seconda campata: altare dei Santi Ausiliatori. Alla parete il dipinto Cristo in Croce e Santi Ausiliatori o Albero della Vita, olio su tela autografo di Benedetto Berna da Capizzi del 1692.[1] L'iscrizione "BENEDICTUS BERNA PINGEBAT - 1692" ai piedi della croce delimita in basso i quattro registri che comprendono le figure di S. ERASMUS, S. GEORGIUS, S. CIRILLUS, S. BLASIUS, S. DIONIIUS, S. VITUS, S. PANTALEON, S. CHRISTOPHORUS, S. AGATIUS, S. MAGNUS, S. EUSTACHIUS, S. AEGIDIUS. In basso si riconoscono le figure di Santa Caterina d'Alessandria, Santa Margherita d'Antiochia e Santa Barbara.
  • Terza campata: ingresso meridionale. Portale datato 1626 opera di maestranze locali sormontato da statua marmorea raffigurante Santa Lucia collocata in edicola intermedia. Ingresso altrimenti detto di «San Gaetano» per il motto inciso sull'architrave.
  • Quarta campata: altare del Cristo Risorto.[1] Sulla mensa la statua marmorea del Cristo risorto proveniente dalla primitiva cappella realizzata dai fratelli Antonino, titolare della commissione, e Vincenzo Gagini del 1554.[4] Il manufatto, un tempo al centro della "ancóna" oggi nella Cappella di Santa Lucia, è collocato nell'attuale sito dal 1875.
  • Quinta campata: altare della Deposizione o delle «Cinque Piaghe». Alla parete il dipinto Deposizione o Pietà, olio su tela di Antonio Manno del 1771.

Transetto[cancia | cancia la surgenti]

  • Absidiola destra: Cappella di Santa Lucia. Ancóna, manufatto marmoreo con la statua di Santa Lucia raffigurata fra San Pietro e San Paolo collocate nelle nicchie laterali. Nel timpano è inserito il bassorilievo intermedio raffigurante il Padre Eterno, nei medaglioni laterali sono raffigurati la Madonna Annunziata e l'Angelo Annunziante, nella predella sono riprodotte le figure a mezzo busto degli Apostoli. Nel contratto di pagamento del 1554 dell'opera è menzionato Antonino Gagini, titolare della commissione, e il fratello Vincenzo. Gioacchino Di Marzo documenta già l'opera disassemblata e rimodulata in vani differenti (monumentale altare maggiore della primitiva chiesa ante ribaltamento asse): Al posto della statua di Santa Lucia la "cona" comprendeva il Cristo Risorto con una diversa collocazione.[1][4] Decorazioni marmoree del XIX secolo e dipinti della volta di Salvatore e Giovanni La Cugnina del 1875, la balaustra di Ambrogio Schillaci del 1667.
    • Braccio destro: Cappella di Santa Maria Odigitria o Cappella della Madonna di Costantinopoli (familiarmente Madonna dell'Itria o dei Greci). Altare in marmi mischi realizzato da Giuseppe Musca, Luigi Geraci e Bartolomeo Travagli commissionato con i lasciti del sacerdote Filippo Mongiovì, al centro della fastosa edicola il delicato bassorilievo marmoreo del XVIII secolo raffigurante la Vergine trasportata sulla cassa a spalle dei monaci bizantini. Nella nicchia destra trova collocazione la statua lignea di San Sebastiano della metà del XVI secolo proveniente dalla chiesa eponima.
  • Absidiola sinistra: Cappella del Santissimo Sacramento. L'ambiente presenta un magnifico ciborio marmoreo a tempietto del 1739 recante le statuine di San Sebastiano e Santa Lucia, le raffigurazioni delle Virtù Speranza e Giustizia, la balaustra, le decorazioni in marmi mischi e altorilievi di Domenico Battaglia: Cena di Simone il Fariseo e Ultima cena. La ninfa in argento e rame dorato di Bonaventura Caruso, decorazioni della volta del XIX secolo. Per la cappella fu realizzato un ostensorio argenteo, opera di Annibale Gagini IMPERIALIS CIVITATIS MISTRECTE - NIBILIUS GAGINI ARGINTERI ME FECIT - 1604 custodito in sacrestia.[5]
    • Braccio sinistro: Cappella della Madonna dei Miracoli o Cappella della Madonna dei Latini. La statua marmorea raffigurante la Madonna di Loreto del 1495, opera attribuita a Andrea Mancino collocata sull'altare in marmi policromi ad intarsio in stile barocco siciliano. Il titolo deriva dalla protezione da calamità, catastrofi, nello specifico, quasi sempre eventi sismici. Altare e monumento del barone Pietro Scaduto (1646) opere di Giuseppe Musca (Sant'Agata e Santa Cecilia), decorazioni a commesso marmoreo e altorilievi di Domenico Battaglia, balaustra della stessa bottega. Le iscrizioni recitano: "TUTA POTES MISTRECTAS TUA GAUDERE QUIETE DUM TIBI SUPPIETAS VIRGO BEATA" - "ADVENIT AUXILIO IMPERIO PERTERRET HAEC VIRGO MATER AMATA DEI 1732".

Presbiterio: cantoria di Paolo La Cristina, coro ligneo composto da 71 stalli, realizzato dalle botteghe dei Li Volsi ante 1598, Ramfardi 1671, Allò 1685 - 1710, Giovanni Biffarella e Antonino Azzolina da Mistretta 1712 - 1726, Ciro Bagnasco 1803, leggio centrale opera di Angelo Messina e Carmelo Barone 1809. Al centro del coro la lapide con figura del sacerdote Giacomo Scaduto del XVI secolo.

Altare maggiore: opera di marmoraio palermitano Angelo Gabriele, con parti a rilievo e medaglione attribuito a Ignazio Marabitti, balaustra di Domenico Battaglia.

Organo[cancia | cancia la surgenti]

Lungo le pareti del presbiterio sono collocati gli scranni del coro sormontati sulla parete di fondo dall'organo con 700 canne opera di Onofrio La Gala e Giuseppe Lugaro[1] assemblato con pezzi antichi ('500) e moderni, molti dei quali provenienti da altri strumenti dismessi.



Cappella della Mercè trasformata in Cappella della Madonna di Pompei. Ambiente simmetrico al fonte battesimale.


Sala della Palma lato meridionale dove esisteva la Pinnata.

Cupola[cancia | cancia la surgenti]

Manufatto realizzato tra il 1683 e il 1684.


Apparato decorativo in stucco realizzato per l'abbellimento dell'atrio, del coro, della cupola, degli archi della crociera, dei pennacchi, con statue, cartigli, conchiglie, cornucopie, festoni, ghirlande, ornati e rilievi fitoformi, opere realizzate e dirette da Francesco Sajola negli anni a cavallo il 1761 e il 1762.


Iscrizioni su cartiglio o scudi: PER TE VIRGO LUCIA CIVITAS DECORABITUR arco trionfale, TANTO PONDERE EAM FIXIT SPIRITUS SANCTUS - UT VIRGO CHRISTI IMMOBILIS PERMANERE - IMMOBILIS LUCIA SPONSA CHRISTI archi della crociera.


La decorazione della navata e delle cappelle laterali realizzata a partire dal 1768 fu eseguita dai fratelli Francesco e Mariano Lo Cascio.

Confraternita delle Anime Purganti[cancia | cancia la surgenti]

Confraternita delle Anime Purganti.

Confraternita del Santissimo Sacramento.

Compagnia delle Anime del Purgatorio attestata presso l'altare di Santa Lucia. Il sodalizio fondato nel XVII secolo e trasferitosi nella vicina chiesa con lo stesso titolo.

Prelati[cancia | cancia la surgenti]

  • XXXX L. Cannata
  • 1622 Geremia Garigliano
  • 1662 Paolo Smiriglio
  • 1666 Vincenzo De Domenico
  • 1666 Francesco Di Salvo
  • 16XX Filippo Pizzuto
  • 16XX Filippo Mongiovì
  • 16XX XXXXX Cocilovo
  • 1774 Mariano Zappalà
  • 1774 Angelo Gabriele
  • 1775 Michele Pedevillano
  • 1837 Liborio
  • 1867 Sebastiano Cannata
  • 1875 Giuseppe Salamone
  • 19XX Achille Passalacqua
  • 1991 Michele Placido Giordano

Coro, confessionali, pulpito, banchi, leggii, cassapanche, armadi, casciarizzi, custodie, campane, libri, candelieri, argenti, palamenti liturgici, vasi, lampadari.


Reliquiari, calici, coppe, patene, ostensori, ninfe, sportelli, incensieri, turiboli, cartegloria, croci, crocifissi, campanelli, pissidi, corone, stauroteche, ampolline, saliere e vasellame liturgico.

Piviali, stole e cappucci, paliotti, stendardi, pianeta, dalmatiche, manti.

  • 1823 Telo quaresimale raffigurante l'Interrogatorio di Gesù.
  • Stazioni della Via Crucis, Olio su tela, 14 dipinti. l'insieme trova odierna collocazione presso la chiesa del Santissimo Salvatore.

Note[cancia | cancia la surgenti]

  1. 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 Touring Club Italiano, op. cit., pp. 783.
  2. Gioacchino di Marzo, op. cit., pp. 62.
  3. Gioacchino di Marzo, op. cit., pp. 62 e 63.
  4. 4,0 4,1 Gioacchino di Marzo, op. cit., pp. 467.
  5. Gioacchino di Marzo, op. cit., pp. 649.

Bibliografia[cancia | cancia la surgenti]

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